Roma - L'accoglienza, quella ufficiale almeno, non è delle migliori. Tant'è che Luca Volontè, in attesa davanti all'ingresso «autorità della Nuova Fiera di Roma nei panni di cerimoniere, ci tiene a dire che è stato sì mandato a «fare gli onori di casa», ma «solo per Bertinotti e Marini» che arriveranno di lì a qualche minuto. Così, quando Silvio Berlusconi fa il suo ingresso al congresso dell'Udc, nessuno dei dirigenti centristi è lì ad accoglierlo. Una scelta, questa, che non sfugge al Cavaliere se con i cronisti che gli chiedono conto dei suoi rapporti con Casini si limita a un eloquente «non ci casco… ».
Ben diverso, invece, è il saluto della platea di delegati e simpatizzanti quando il leader centrista presenta uno dopo l'altro gli ospiti. «Caro Silvio, ti saluto con grande affetto», dice l'ex presidente della Camera e via con un applauso che poco ci manca diventi un'ovazione. Tanto che Casini si affretta a tagliar corto con una battuta («come sempre le nostre accoglienze sono affettuose») e passa all'ospite successivo. Quel mezzo minuto di applausi che non va avanti solo perché i riflettori si spostano sul ds Vannino Chiti sono però sufficienti all'ex premier per incassare quel calore sul quale - dirà più tardi ai suoi - «non avevo mai avuto alcun dubbio». Tant'è che Berlusconi non si limita a alzarsi, ma in quei pochi secondi si gira pure più d'una volta verso la platea salutando con la mano. Insomma, l'accoglienza che voleva, tanto che prima di lasciare il congresso non riesce proprio a trattenere la battuta: «Forse ho sbagliato indirizzo, sembra quasi il congresso di Forza Italia». Insomma, difficilmente la visita in casa Udc sarebbe potuta andare meglio. Tanto che nel tardo pomeriggio, con chi ha occasione di parlargli il Cavaliere non nasconde una certa soddisfazione. Perché, dice, «in platea ho visto il popolo di piazza San Giovanni, il popolo della libertà». Evidentemente, dunque, «il Partito delle Libertà non è poi così lontano». E «se pure è un sogno», dirà a sera in un collegamento telefonico con un convegno organizzato a Salerno dall'azzurra Mara Carfagna, «credo che alla fine si realizzerà». A parte l'accoglienza calorosa, infatti, il leader di Forza Italia sottolinea come la platea abbia decisamente preso le distanze dalla maggioranza e giudica un termometro «da non sottovalutare» i fischi incassati da Rifondazione e verdi, tanto forti che Casini è costretto a rintuzzarli.
Certo, la relazione del segretario dell'Udc Lorenzo Cesa non è tutta rose fiori. Berlusconi ascolta seduto in prima fila, tra il portavoce di An Ronchi e l'azzurro Scajola. E applaude convinto quando parla di linea «alternativa alla sinistra» (una «posizione inequivocabile», dice, che mi «soddisfa ampiamente»), mentre scrolla la testa quando critica l'opposizione che «pensa alla politica come a uno scontro tribale». È quasi terreo, invece, quando Cesa rivendica il sì sull'Afghanistan. Nel complesso, però, Berlusconi giudica la relazione «seria», perché, spiegherà più tardi ai suoi collaboratori, «è bene prendere tutto quello che c'è di buono, che non è poco».
Tant'è che pubblicamente l'ex premier prova a chiudere la querelle sulle due opposizioni («ce n’è una»), perché «il programma di Cesa è quello del centrodestra». «L'unico distinguo - spiega - è sulla legge elettorale» perché «non si torna indietro dal bipolarismo». Insomma «no» al sistema tedesco che «favorirebbe Forza Italia ma non converrebbe al Paese».
Poi, una stretta di mano con il ds Latorre, una chiacchierata «di simpatia» con Rutelli e un augurio a Blob per il suo compleanno ma soprattutto per sopire le insistenze fastidiose e scomposte del giornalista di Raitre. Con un bilancio positivo. «Credo si possa tornare a collaborare» con l'Udc, dice il Cavaliere. Merito anche di Letta, che non a caso Casini saluta chiedendo una «accoglienza particolare» che lo faccia risultare «primo nell'applausometro».
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