Marcello Di Dio
Un rapporto consolidato con il governo Berlusconi e con il sottosegretario ai beni culturali con delega allo sport Mario Pescante (divenuto alleato dopo anni di incomprensioni e nervi tesi). Un attacco duro - in una convention pre-elettorale dellUnione - del programma di Prodi, che nel capitolo dedicato allo sport mette sotto accusa un mondo del calcio che ha poca trasparenza e bilanci truccati. In pratica, una sorta di sfiducia alloperato e al controllo del Coni. Fino alla riappacificazione con il futuro premier nel corso della «Convention dello sport per tutti» in un teatro romano a due settimane dal voto. Così si compie la «svolta» a sinistra del presidente del Coni Gianni Petrucci, una vita per lo sport trascorsa tra calcio e la sua grande passione, il basket. Democristiano doc, oggi molto legato a Marini e alla Margherita di Rutelli, ma già in buoni rapporti anche con il diessino Giovanni Lolli, futuro sottosegretario del neonato ministero dello sport e fra i promotori della commissione dinchiesta parlamentare insieme al forzista Adornato.
La sinistra fa «digerire» a Petrucci tutte le decisioni legate alla bufera scoppiata nel calcio italiano. In barba allautonomia dello sport, comunque sottolineata senza troppa convinzione dal neo ministro Giovanna Melandri, acerrima nemica di Petrucci sin dai tempi della sua prima presidenza nel 99. La legge Melandri, poi corretta da Pescante, tolse centralità al massimo ente italiano. Che con il governo Berlusconi torna invece a essere la casa delle federazioni, con un maggiore potere attribuito al consiglio nazionale del comitato olimpico.
Che la Figc avesse bisogno di un commissario, lo aveva capito anche Petrucci dopo la valanga di intercettazioni dei carabinieri di Roma. Le dimissioni di Carraro e la reggenza di Abete accelerano il processo di «riforma». Il Coni prende in mano la situazione, Petrucci si autoesclude da un possibile incarico (era già stato commissario nel 2000, prima dellinizio dellera Carraro). E inizia la caccia al nome: Petrucci gradirebbe Franco Coppi, legale dellente, o Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato. Prodi propone Letta, ricevendo un netto rifiuto dal centrodestra. Poi «gioca» la carta Mario Monti, ex commissario europeo, che però risponde «no grazie».
Fino a quando non spunta una telefonata intercettata tra il segretario generale del Coni Raffaele Pagnozzi e lex direttore generale della Juventus Luciano Moggi. Oggetto un farmaco assunto da un giocatore bianconero e soggetto a restrizione duso, per il quale cè bisogno di una nuova notifica giustificativa che la Juve non ha presentato. E Moggi, per sanare la faccenda, si rivolge a Pagnozzi, che poi preciserà di «non aver compiuto alcuna azione né di essere intervenuto presso alcuno per tutelare chicchessia». Ma alla luce di questa telefonata, il Coni e Petrucci perdono ancora peso. Coppi, che assume la difesa di Pagnozzi come parte offesa, decade per un palese conflitto dinteresse. Gli altri nomi (compresi quelli di Manzella e Masi) sfumano via via. Il candidato lo impone il segretario dei Ds Piero Fassino: Guido Rossi, lex presidente della Consob e, come fu definito da alcuni, il «mastino» del diritto societario. Ed è battaglia nella Giunta Coni, che si protrae fino a notte inoltrata e prosegue nella mattinata seguente con l«impallinato» Petrucci che deve difendere ad oltranza il nome di fronte alla forte opposizione di alcuni che propongono il nome di Gianni Rivera. E alla scelta di Guido Rossi segue quella del capo ufficio indagini. Il generale Pappa, già vice di Petrucci allepoca del commissariamento Figc, si fa da parte in quanto «sfiduciato» dallo stesso Rossi, unico referente della Procura di Napoli che indaga sullo scandalo calcio. Il presidente del Coni vorrebbe al suo posto lex superprocuratore Piero Luigi Vigna, la sinistra (Fassino e Prodi) gli impone lex capo del pool di Mani Pulite Borrelli.
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