Silvia Villani
Esposte sulle bancarelle dei mercatini dantiquariato di tutta Italia, facevano gola ad appassionati ed intenditori. Peccato che quelle monete, nonostante fossero state effettivamente coniate con metalli preziosi, non avessero alcun valore storico. Le emissioni dei re Vittorio Emanuele II e III, le cento lire «Aquila Araldica», le 5 lire in argento di Vittorio Emanuele III del 1901, le 100 lire di Umberto I in oro e le 100 lire «Fascione» del 1923 erano infatti solo delle copie perfette.
I falsi, realizzati in una zecca abusiva vicino alla piattaforma ecologica di Sesto San Giovanni in via Manin, sono stati scoperti dai finanzieri del Nucleo speciale Polizia Valutaria di Roma - gruppo Antifalsificazione monetaria - dopo due mesi di indagini. Le Fiamme Gialle, infatti, si erano da tempo imbattute in decine di falsi che erano stati comperati da innumerevoli appassionati di tutta Italia, convinti di aver acquistato esemplari di rilevante interesse storico. Solo dopo esserne entrati in possesso e averli fatti valutare da onesti ed esperti antiquari, si sono però resi conto che le monete erano soltanto delle copie. Ben fatte, ma comunque copie.
Le indagini, dopo alcuni mesi, hanno condotto i finanzieri di Roma - accompagnati dagli uomini della Compagnia di Sesto San Giovanni - fino a un capannone situato vicino alla tangenziale di Cologno Monzese. Allinterno erano stipati non solo decine di migliaia di monete, ma anche i macchinari per produrle e centinaia di conii. Oltre agli esemplari degli anni Venti, sono stati trovati anche pesos messicani, marenghi austriaci e corone svedesi.
Al momento dellirruzione nel capannone, una coppia di coniugi insospettabile, U.E. di 52 anni e M.D. di 45 anni, stava per fabbricare altri esemplari rari. A finire nelle maglie della giustizia, otto persone, tra produttori e intermediari. Oltre 24mila le monete italiane ed estere nascoste e sequestrate sia nella zecca clandestina sestese che in mano ai complici della coppia. Inoltre, sono stati recuperati anche 132 conii.
Le persone coinvolte nel giro daffari sono invece state deferite alla Procura di Roma. Dovranno rispondere allaccusa di associazione per delinquere finalizzata a reati di falso monetario e di contraffazione di beni di interesse storico, in violazione delle norme del recente Codice dei beni culturali.
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