Consigli Tutti i vantaggi da sfruttare

Sottoscrivere una forma di previdenza integrativa, sia essa un fondo pensione di categoria, un fondo pensione aperto o un Piano individuale di previdenza (Pip), permette di beneficiare di alcuni vantaggi fiscali. Ecco i principali.
Aliquota dell’11 per cento
I rendimenti finanziari dei fondi pensione (e dei Pip) hanno un trattamento fiscale agevolato: sono tassati all’11% invece dell’aliquota del 12,5% normalmente applicata ai fondi comuni.
Tassazione finale al 15 per cento
Sempre in tema di tassazione, è poi importante ricordare che il capitale finale accumulato per la pensione integrativa è tassato al 15% contro il 23% che in media sconta il gruzzolo accantonato con il Trattamento di fine rapporto (Tfr).
Contano gli anni di adesione
La legge prevede che il lavoratore che aderisce per più di 15 anni a una forma di previdenza integrativa, ha un’ulteriore agevolazione sull’aliquota fiscale finale pari allo 0,30% per ogni anno successivo al sedicesimo fino a un massimo di 35 anni: in questo modo il lavoratore che aderisce per 35 anni si vedrà tassato il montante previdenziale accumulato prima della pensione al 9% anziché il 15% (e il 23% del Tfr). Da notare che la legge parla di anni di adesione e non di anni di versamenti. Questo vuol dire che se un lavoratore al primo impiego aderisce, per esempio, a un fondo pensione aperto anche con una piccola somma (sono sufficienti 50 o 100 euro) fa partire il tempo di adesione senza per questo essere obbligato a versare il Tfr nel fondo pensione. Il vantaggio, però, è che quando deciderà di passare dal trattamento di fine rapporto a una forma di previdenza integrativa, avrà già accumulato un buon numero di anni utili per scalare l’aliquota fiscale finale del 15%.
I padri per i figli
Può rivelarsi interessante anche il caso di un padre di famiglia benestante di 45-55 anni che, non avendo problemi per il proprio reddito quando avrà finito l’attività lavorativa, decide di effettuare dei versamenti annui in un fondo pensione a favore del figlio minore a suo carico. I vantaggi sono molteplici. Da un lato può dedurre dai redditi le somme versate fino a 5.164 euro all’anno. Poi favorisce nel figlio l’apprendimento della problematica previdenziale e, non certo meno importante, assicura al minore un capitale che, in virtù delle rigide norme sui fondi pensione, non potrà essere sperperato: infatti raggiunta la maggiore età, il figlio sarà nelle condizioni di riscattare non più del 30% della somma accumulata per le proprie esigenze (studio, viaggi, acquisto di un’automobile o di un motorino).
L’altra faccia dei Pip
Infine un consiglio sui Pip. Se è vero che sono molto più costosi dei fondi pensione negoziali e aperti, è altrettanto vero che molti di essi permettono di fissare all’adesione i coefficienti di trasformazione del capitale in rendita, legati alle tavole di mortalità. Tali tavole dal 2011 saranno riviste con cadenza triennale e, in base al trend di lungo periodo, prevedono coefficienti via via sempre meno vantaggiosi per gli assicurati in quanto le probabilità di vita tendono ad allungarsi.

Ne deriva che oggi un lavoratore che abbia aderito al fondo negoziale da parecchi anni e a cui manchino non più di 10 anni all’età pensionabile, ha convenienza a passare a un Pip trasferendo l’intera posizione al fine di beneficiare di questo vantaggio.

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