Consiglio Hopa, le banche non riescono a decidere

Lunedì parte la lettera di disdetta degli accordi in Olimpia. Una rottura da 600 milioni di euro

Nicola Porro

da Milano

Una situazione di impasse totale. Da una parte Pirelli e Edizione holding che pretendono l’uscita «dei bresciani» da Olimpia e dunque da Telecom. Dall’altra la «scatola dei bresciani», ma non solo, che si chiama Hopa e che fa fatica a prendere una decisione. Anche ieri infatti il cda della finanziaria di corso Zanardelli ha visto un nulla di fatto. Il vicepresidente vicario, Stefano Bellaveglia, e l’amministratore delegato Romano Marniga, non hanno infatti che deleghe per prendere decisioni del minimo peso. Tutto è competenza del consiglio: financo la delibera su come suddividere gli uffici di via Zanardelli tra le diverse società della galassia Gnutti. A ciò si aggiunga che in questa delicata fase delle trattative su Telecom, nessun consigliere può più dimettersi dal board: comprese le cooptazioni di ieri, ormai il 50% dei consiglieri è di nuova nomina e una sola dimissione farebbe decadere l’intero cda secondo i termini dello Statuto.
In questo clima ieri i consulenti Poli e Carpinelli hanno illustrato i termini della trattativa con Olimpia. La situazione è quella nota. Marco Tronchetti Provera ha fatto sapere attraverso i suoi advisor che non vuole più contatti con il gruppo dei bresciani, ma è disponibile a trattare con le banche che siedono nel consiglio di Hopa. Queste ultime potrebbero costituire una nuova società che si prenda in carico il 16% di Hopa in Olimpia, evidentemente liquidando gli altri soci della finanziaria bresciana. Poli e Carpinelli hanno così spiegato per filo e per segno, data per data, gli incontri e i passi fatti con gli advisor di Olimpia. Pietro Montani, rappresentante di Antonveneta, tra i più attivi in cda, su questo punto ha però dovuto glissare. Non ha le deleghe necessarie per poter decidere una siffata questione. È evidente infatti che su questi tempi il board, ora olandese, di Antonveneta deve dare la sua parola ultima. Discorso simile per Divo Gronchi della Bpi, che ha la banca in condizioni di «simil-commissariamento».
Bellaveglia, molto accorto, anche in funzione delle diverse anime che convivono nella sua Mps, non ha preso una posizione diretta. Mancava ieri la quarta istituzione finanziaria: Unipol ha saltato un giro. Insomma nella sua impasse la situazione è chiara: Tronchetti preme e fa sapere che lunedì verrà inviata la lettera di disdetta del patto. Le banche non riescono tempestivamente a prendere una decisione sulla opportunità di creare una newco che permetta loro di restare in Telecom, così da non iscrivere in bilancio pesanti minusvalenze. In sintesi, a meno di miracoli, il cda di ieri ha disegnato uno scenario di passiva incapacità a sbrogliare la matassa.

L’8 febbraio parte il processo di divorzio che vale per Pirelli e Benetton circa 600 milioni di euro. E da quel momento partiranno le contestazioni legali per la definizione esatta del prezzo di mercato a cui valutare Telecom.

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