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«Consiglio nell’illegalità, intervenga il prefetto»

Anche in seconda convocazione all’Unione mancava un consigliere

Gianandrea Zagato

«Intervenga il prefetto: al consiglio comunale di Monza non esistono più le regole della democrazia. Il centrosinistra sta giocando una sporca partita». È l’appello che Forza Italia, An, Lega e Udc fanno al prefetto di Milano, Gian Valerio Lombardi.
Richiesta di «ripristinare la democrazia» in quell’aula consiliare, dove non esiste più la maggioranza e dove, comunque, il sindaco Michele Faglia intende far approvare prima possibile il piano di governo del territorio (Pgt). Strumento urbanistico principe che l’architetto Faglia vuole a tutti i costi per scollinare le nuove norme urbanistiche appena approvate dalle Regione e fissarne delle proprie. Obiettivo che Faglia consapevole di non avere più il supporto della maggioranza intende raggiungere «tentando una prova di forza ovvero col trucchetto della seconda convocazione» afferma Osvaldo Mangone, capogruppo di Forza Italia. «Trucchetto» elementare: se per una normale seduta necessita la metà più uno dei consiglieri presenti per avere il numero legale ovvero ventuno, un consiglio in seconda convocazione ne richiede solo un terzo.
Giochetto «per farsi i propri comodi» continua Mangone. Ma per il primo cittadino non basta più nemmeno quel «trucchetto»: infatti, ieri sera, la «sua» maggioranza contava tredici consiglieri presenti in aula, cioè ne mancava uno. Brutta figura di una maggioranza in crisi, che si quindi è sparpagliata per la città alla ricerca di quell’assente mentre il presidente del consiglio, Rosario Montalbano, spostava di sessanta minuti l’inizio dei lavori. Peccato che all’ora fissata, alle venti e trenta, in quell’aula mancava sempre il quattordicesimo uomo. Inutili le proteste della Casa delle Libertà perché il diesse Montalbano sospendesse i lavori dell’assemblea: giocando sulle interpretazioni del regolamento, rubando minuti su minuti, si è arrivati quasi alle ventuno quando nell’aula è comparso Giuseppe Civati e il consiglio ha avuto inizio.
Ma l’aula non è riuscita lo stesso a lavorare: ai consiglieri di Fi, An, Lega e Udc è stato impedito di «poter esercitare il proprio mandato» denuncia Dario Allevi, capogruppo di Alleanza nazionale. Ogni «nostro intervento è stato vanificato dall’assenza delle regole» prosegue Allevi: «Assenza sconcertante, con i due architetti del Pgt, il sindaco e l’assessore Alfredo Viganò, che dirigono i “soldatini“ rimasti in consiglio». Affermazione che Allevi fa seguire da un sostantivo, «vergogna», ripetuto una-due-tre volte nell’aula tra fischi, urla di quella sinistra urbanistica in preda a una crisi di nervi. Sostantivo talmente azzeccato che il primo cittadino, fuori microfono, è sbottato in un «fascista»: anzi, cinque volte «fascista» che l’azzurro Giuliano Ghezzi non solo ha ben sentito ma ha pure riportato all’aula. Il sindaco si è ben guardato, naturalmente, dal ripeterlo pubblicamente nonostante le reiterate richieste dell’opposizione. Risultato? La seduta è stata aggiornata a domani, dalle nove del mattino sino a notte, e ovviamente in seconda convocazione «perché quelli lì non hanno né il rispetto della minoranza né la capacità di assumersi il rischio di un dibattito serio sul Pgt» osserva Mangone.
Sintesi di una debolezza che solo apparentemente è una guerra al cemento mentre di fatto è solo un braccio di ferro dell’architetto Faglia per impedire che un’area, la Cascinazza, possa essere occupata da case e servizi. Motivo singolare, per usare un eufemismo. Già, a Monza la giunta Faglia ha previsto edificazioni in città più di tutte quelle precedenti come provano gli oneri di urbanizzazione messi a bilancio in questi anni. Ma tra un anno si vota e quell’area è di proprietà di Paolo Berlusconi attraverso la società Istedin, che quarant’anni fa acquistò un milione e seicentomila metri quadri di quei terreni edificabili, ne cedette poco meno di trecentomila al Comune e pagò tutti gli oneri di urbanizzazione.


Chiaro a tutti, dunque, perché l’architetto Faglia - che con i mattoni costruisce i bilanci - vuole bloccare le ruspe dell’Istedin per costruire una campagna elettorale contro il mattone. Ma i monzesi non «si faranno più infinocchiare da chi tiene insieme i residui della maggioranza con mattoni, cemento e odio personale».

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