Per le consulenze e i Co.co.co Penati ha speso quasi 4 milioni

Fi: «Informazioni solo da verifiche casuali, la Provincia per non rispondere si appella alla legge sulla privacy»

Gianandrea Zagato

Sono condannati a non sapere come la Provincia di Milano spenda ogni anno in consulenze. Sono i quarantacinque consiglieri provinciali che, nel nome e per conto dei milanesi, vorrebbero conoscere ciò che l’amministrazione guidata dal diessino Filippo Penati preferisce invece tener riservato.
Questione di privacy sostiene l’inquilino di via Vivaio in quattro paginette indirizzate al presidente del consiglio Vincenzo Ortolina. Lettera protocollata dove Penati precisa che «la diffusione via internet dei dati personali costituisce un “valore aggiunto informativo” non estraibile dai dati isolamenti considerati» e, quindi, «potenzialmente lesivo della privacy dell’individuo». E, quindi, per «soddisfare ogni e più ampia esigenza di informazione» e rendere «assolutamente trasparente l’attività dell’amministrazione provinciale» non resta che sfogliare l’«albo pretorio elettronico» e pure il «repertorio scritture private». Peccato, osserva l’azzurro Max Bruschi, che «il primo sia praticamente “criptato” ovvero non fornisce alcun dato relativo al professionista incaricato e al costo lordo e netto».
Resta così sempre un mistero, aggiunge Gianfranco De Nicola (An), il «compenso conferito per determina dirigenziale a Myriam Camarero, Gaia Solbiati, Alessandro Barbaro, Riccardo Ciaravella, Daniele Zucchelli e Roberto Aprigliano. Ma anche a Ilaria Vannini Parenti, Manuel Persico ed Elisabetta Corrà e decine di altre persone». Nomi e cognomi, continua l’esponente di Alleanza nazionale, che «fanno parte di quella sempre più folta pattuglia di Co.co.co reclutati da Penati e i suoi boys poiché non sarebbero “reperibili tra il personale in organico figure professionali con adeguata esperienza”. Opzione di legge che consente di fornire sempre e comunque una prospettiva economica a tempo determinato ma sempre consistente a illustri sconosciuti».
E mentre De Nicola preannuncia di voler «interessare la magistratura contabile», Bruschi accusa Palazzo Isimbardi di «voler nascondere ciò che emerge poi da verifiche casuali, come quell’esponente politico prodiano fatto passare come “esperto in diritti delle bambine e dei bambini” visto che gestisce un campo da basket e due di calcetto». Consulenza, ricorda Bruschi, costata ai milanesi poco più di trentamila euro all’anno: «Altro che tagli alle consulenze promesse da Penati per raccattare voti in campagna elettorale. Con questa posizione anti-trasparenza messa nero su bianco in una lettera al presidente del Consiglio, Penati tira uno schiaffone non solo all’opposizione ma anche alla sua maggioranza e mette la sordina all’affaire consulenze».
Non una piega, quindi, sui due milioni e settantunmila693 euro virgola 81 spesi nel 2005 per i collaboratori coordinati e continuativi.

Totale parziale poiché va sommato a quel milione e trecentottantottomila785 euro virgola novantacinque che l’amministrazione Penati ha messo a bilancio per «incarichi di studio, ricerca e consulenza». E resta senza risposta l’interrogativo su come la Provincia spenda sei miliardi seicento milioni e più di vecchie lire.

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