«La mostra dedicata a tutti quelli che fuori dalle mode viaggiano in direzione ostinata e contraria e in particolare a coloro che negli spazi e nei silenzi notturni ritrovano se stessi. Aiutati dalla penombra, rifugio ultimo del mistero e della immaginazione». È con queste parole che il pittore Vittorio Emanuele, aristocratico nell'arte ma borghese quanto a natali, introduce il catalogo della sua mostra in corso sino al 15 novembre alla Galleria Ponte Rosso di via Brera 2 dal titolo La luce ruba la notte.
Siciliano di Lentini, classe 1959, l'artista ha iniziato a dipingere giovanissimo e dopo l'apprendistato a Brera ha studiato con i maestri Alvaro Monnini, Micol De Palma e Luigi Timoncini. Appassionato di incisione si è diplomato alla Cattolica e ha poi frequentato i corsi di calcografia all'accademia Raffaello di Urbino. Oggi è docente alla Scuola superiore d'arte del Castello Sforzesco di Milano e si dedica a una pittura che tolte le implicazioni concettuali ha lo scopo di scavare, partendo dalla modernità, la verità ineluttabile dell'arte antica. Una vittoria per la storica galleria di Nanda Consonni in quanto il Premio Nazionale di Pittura è toccato a Luigi Brambati, uno dei principali autori della Ponte Rosso.
Per tornare alla rassegna, come sottolinea Flaminio Gualdoni nel catalogo «Vittorio Emanuele vuole mettere sotto tutela il virtuosismo possibile e chiedere ai fondamenti del pittorico di ritrovarsi, nella ferocia scarnita del suo operare, in identità. È un disegnare spingendo la fluenza dei segni a sapersi sino al punto in cui siamo determinativi dall'immagine anziché descrittivi. Un dipingere non costituendo illusione di corpo, ma fragranza e acuminata certezza dell'apparire, del costituirsi in forma alla luce». Ciò che ne scaturisce sono delle tele, prevalentemente degli olii, di grande romanticismo, i cui soggetti spaziano da vasi di fiori, papaveri, rose e iris alla maniera di Caravaggio, a ragazzine che giocano, nature morte con frutti coloratissimi, interni di edifici scalcinati, nudi femminili, altari barocchi dal profumo siciliano evidenziati da limoni con foglie cadenti.
Le sue nature morte non sono cose ritratte ma ragionamenti e giochi perpetrati sull'immagine, operazioni mentali e visive accompagnate da una tecnica moderna che si avvicina alla riproduzione meccanica fotografica. Sono esposte nelle sale che un tempo vedevano appesi ai muri i disegni di Novello una trentina di opere di piccolo e medio formato.
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