Roma - Al ministero dell’Economia è in atto una sorta di «rimozione freudiana». Sottovoce si accenna a un deficit 2008 a ridosso del 3% del Pil. Ma nessuno ne vuol sentire parlare: come se bastasse non affrontare l’argomento per non farlo materializzare.
Il fenomeno, in parte, è alimentato dalla circostanza che oggi a Bruxelles l’Eurogruppo affronta i conti «ufficiali» del 2007 e 2008. E, quindi, non si vuole dare adito alla Commissione europea per non rimuovere la procedura di deficit eccessivo. In parte, è proprio il tentativo di esorcizzare un rischio reale per i conti pubblici: l’incubo del deficit al 3%.
La legge finanziaria ha stabilito per quest’anno un deficit al 2,2%. Sulla carta, lo stesso doveva segnare un miglioramento, rispetto al livello raggiunto nel 2007. Il disavanzo previsto per lo scorso anno doveva essere pari al 2,4% del Pil. In realtà, il presidente del Consiglio ha anticipato che i conti si chiuderanno con un deficit 2007 intorno al 2%.
Secondo uno studio del Sole 24 Ore, però, sui conti di quest’anno peseranno 7 miliardi di spese non definite nel Bilancio. Si tratta delle risorse necessarie al rinnovo dei contratti pubblici (fra i 2 ed i 6 miliardi); a quelle destinate alle Fs (2 miliardi); al miliardo ed 800 milioni di rinvio di spese al 2008; ai 600 milioni per l’emergenza rifiuti in Campania, ai 300 milioni di costo delle elezioni anticipate. Nel complesso, appunto, 7 miliardi: lo 0,4-0,5% del Pil.
Ne consegue che il deficit di quest’anno, inizialmente previsto al 2,2%, è destinato a salire solo per finanziare queste spese non comprese nel Bilancio, ma obbligatorie nei fatti, fino al 2,6-2,7% del Pil. L’intera costruzione di finanza pubblica di quest’anno, poi, si fonda su una crescita del Pil dell’1,5%. Al ministero dell’Economia sono ormai certi che nel 2008 l’economia italiana potrà crescere al massimo dello 0,8%: vale a dire, lo 0,7% in meno rispetto alle stime su cui si è costruita la legge finanziaria. Questa mancata crescita si traduce in un appesantimento del deficit dello 0,35% (l’elasticità del deficit al Pil è del 50%).
Ne consegue che il deficit del 2008, già arrivato dal 2,2 al 2,6-2,7% del Pil per le spese non previste, dev’essere caricato di un altro 0,35%. Con il risultato che corre così a passi veloci verso il tetto del 3%; se non oltre.
Vista la situazione della finanza pubblica, è assai difficile poter rispettare la norma contenuta al primo articolo della legge finanziaria: cioè, restituire parte dell’extragettito ai lavoratori dipendenti. E per due motivi.
Nel 2007, il 65% dell’extragettito (nel complesso, 21 miliardi) è stato determinato proprio dall’andamento del Pil. In caso di rallentamento della crescita, il bilancio pubblico non «produrrà» maggiori entrate. Anzi. È atteso un ridimensionamento del gettito. Qualora il gettito derivante dalla lotta all’evasione dovesse comunque far emergere livelli superiori al previsto, il governo è chiamato a destinare queste maggiori entrate a contenimento del deficit; quantomeno per finanziare le spese obbligatorie non comprese in bilancio.
Con buona pace della norma che ne prevede la restituzione ai lavoratori dipendenti.
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