Quando contrasse il tifo e la malaria, il sarto togolese Ayawo Hievi, 52 anni, pensò che con l'assunzione di farmaci prescritti dal medico le sue condizioni sarebbero migliorate rapidamente. «Dopo quattro giorni, non solo non riscontrai alcun sollievo, ma iniziai a soffrire di dolori addominali», racconta. Da quel momento la sua salute è peggiorata e ha finito per perdere un rene. Aveva assunto farmaci contraffatti, identici a quelli originali soltanto nella confezione. «I miei reni erano stati danneggiati. Gli antibiotici per curarmi erano adulterati, o comunque privi di principi attivi». A distanza di quattro anni Ayawo deve sottoporsi regolarmente a dialisi. La sua storia non rappresenta purtroppo un caso isolato, ma sta diventando l'atroce regola di un continente inondato da farmaci contraffatti che possono essere acquistati persino in strada e nei mercati.
Secondo l'Oms, l'organizzazione mondiale della sanità, il 60% delle medicine vendute nell'area subsahariana è taroccato, come le magliette, le scarpe o i jeans di taluni celebri marchi. La tecnica adottata è la medesima: le scatole sono la fedele riproduzione del prodotto, ma all'interno pastiglie, gocce o supposte non hanno alcuna proprietà terapeutica e non vengono sottoposte alle normali valutazioni di qualità, sicurezza ed efficacia. Provengono in larga misura dalla Cina, che negli ultimi cinque anni si è specializzata nella contraffazione dei farmaci. Solo nel 2019 nel Continente nero sono morte almeno 100mila persone che hanno assunto prodotti cinesi confezionati in clandestinità e introdotti con il metodo del contrabbando in Africa.
Due settimane dopo l'inizio del trattamento, Hievi non riuscì a camminare e finì nel pronto soccorso dell'ospedale universitario di Lomé, la capitale del Togo. È la stessa città nella quale lo scorso 18 gennaio capi di Stato e ministri di sette Paesi africani hanno firmato un accordo che dovrebbe rappresentare il primo passo per penalizzare la fabbricazione, l'importazione e la distribuzione di medicinali contraffatti. Il contrabbando non solo aumenta, ma usa metodi simili a quelli adoperati per introdurre armi o droga. L'Oms sostiene che gli antibiotici e gli antimalarici sono i farmaci che hanno maggior probabilità di essere obsoleti o carenti di principi attivi, mentre l'American Society of Tropical Medicine and Hygiene ha riferito che circa 122mila bambini sotto i cinque anni sono morti negli ultimi cinque anni nell'Africa sub-sahariana per la scarsa qualità di antimalarici. La precaria legislazione, i sistemi sanitari scadenti e la povertà diffusa hanno facilitato la crescita di questo mercato parallelo e letale. Al summit di Lomé, il presidente del Senegal Macky Sall, i colleghi Faure Gnassingbe (Togo) e Yoweri Museveni (Uganda), assieme ai ministri della sanità di Congo, Niger, Ghana e Gambia, hanno firmato un protocollo nel quale si sono impegnati a creare un quadro legislativo panafricano per frenare il traffico illecito. Durante il suo discorso, il presidente togolese ha chiesto all'Africa una «lotta risoluta nei confronti di chi non aderisce alle convenzioni internazionali esistenti». Peccato che Gnassingbe non abbia per una sola volta tirato in ballo la Cina, artefice di questo autentico massacro. Purtroppo buona parte dell'Africa nera ha le mani legate: Pechino ha investito miliardi di dollari nei Paesi subsahariani e dichiarare una guerra a Xi Jinping significherebbe mandare in frantumi la già fragile economia terzomondista.
Il compito di porre fine all'invasione di farmaci contraffatti sembra quasi impossibile. Sono venduti in qualsiasi mercato dell'Africa occidentale. Quelli offerti per le strade di solito hanno un costo che non supera il 10% del prezzo di una qualsiasi farmacia, dove i controlli sono più rigorosi e l'offerta di solito proviene da canali ufficiali. I trafficanti possono realizzare un profitto fino a 500mila dollari con un investimento di mille. «Conosciamo la provenienza, intesa come area geografica. Sappiamo che i farmaci vengono confezionati in Cina, ma è molto difficile stanare i contrabbandieri», afferma Yury Fedotov, direttore esecutivo dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc). Gli sforzi per contenere questo torrente di falsi ha comunque avuto qualche effetto. Alcuni centri di traffico sono stati smantellati, come ad esempio il mercato di Adjegounle a Cotonou, nel Benin, che fungeva da porta d'accesso verso la Nigeria. A metà novembre la polizia della Costa d'Avorio ha sequestrato 200 tonnellate ad Abidjan e arrestato quattro persone, tre di nazionalità cinese. Il Togo è uno dei paesi pionieri nel tentativo di contenere il flagello. La legge è cambiata nel 2015 e i trafficanti vengono condannati a 20 anni di prigione. Lo scorso luglio, le autorità hanno bruciato 67 tonnellate di medicinali contraffatti e a settembre l'agenzia panafricana delle dogane ha sequestrato decine di milioni di pillole in 18 porti. Il 35% della merce era destinata al mercato della Nigeria. L'agenzia doganale deve fare i conti con la carenza di uomini e strumenti.
Le Nazioni Unite da parte loro insistono sul fatto che la minaccia sia enorme e che l'Africa nera verrà presto dotata di uomini e apparecchiature per far fronte al fenomeno. «Abbiamo a che fare con reti criminali altamente organizzate - spiega Fedotov - la mafia cinese continua imperterrita nella produzione e ha delocalizzato in India alcuni laboratori clandestini». Il timore dell'Onu è che nel tempo questi farmaci possano approdare anche nelle farmacie e negli ospedali, creando una vera e propria apocalisse.
Sulla questione la Cina, attraverso la voce del ministro della salute Ma Xiaowei, sostiene di fare «il possibile per smantellare le organizzazioni», partendo da «un capillare controllo ai confini». Voce smentita dai media di Seul che hanno pubblicato alcuni servizi sulla collusione tra contrabbandieri e apparati ministeriali di Pechino.
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