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Contratti, cambia tutto tranne il no della Cgil

Nel vertice di ieri a Palazzo Chigi il governo ha "benedetto" l’accordo quadro tra le associazioni dei datori di lavoro (Confindustria in primis) e sindacati. Sacconi: "E' una svolta storica"

Contratti, cambia tutto tranne il no della Cgil

Roma - Un contratto unico per tutti i lavoratori sia del settore pubblico che di quello privato. Nel vertice di ieri a Palazzo Chigi il governo ha «benedetto» l’accordo quadro tra le associazioni dei datori di lavoro (Confindustria in primis) e sindacati. L’unica nota stonata era preventivabile: l’opposizione della Cgil di Guglielmo Epifani che non ha voluto apporre la propria firma sul documento. Che comunque resterà aperto per l’adesione successiva di quelle organizzazioni che hanno voluto concedersi i «tempi supplementari» per approfondire, come l’Abi (banche), l’Ania (assicurazioni) e Legacoop.

L’intesa «ha una portata storica, non solo perché sostituisce le intese sottoscritte il 23 luglio 1993, dopo una lunga e defatigante negoziazione, ma soprattutto perché sostituisce per la prima volta il tradizionale approccio conflittuale nel sistema di relazioni industriali con quello cooperativo», ha commentato in conferenza stampa il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. In base al modello di riforma condiviso da imprese e sindacati, infatti, si sostituisce all’inflazione programmata un indice previsionale dei prezzi al consumo ancorato alla dinamica dei prezzi. Assume maggiore importanza il livello decentrato di contrattazione, legato alla produttività aziendale incentivata anche attraverso una serie di sgravi, e soprattutto il rinnovo diventa triennale.

«Si valorizza la produttività», come ha spiegato il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, spiegando che «nessuno ha diritto di veto». Chiaro riferimento al niet cigiellino determinato più che dall’ostruzionismo di Epifani («Era un prendere o lasciare») dall’oltranzismo dell’asse tra metalmeccanici e pubblici dipendenti della Cgil. Il vertice di ieri mattina con Marcegaglia alla fine non è servito («Dispiace per la Cgil ma alla fine bisogna andare avanti», ha poi detto). «Lavoro e salario riacquistano la loro dignità», ha esultato il segretario della Uil, Luigi Angeletti, fautore di quella mediazione che ha coinvolto trasversalmente Confindustria, Confapi, Confcommercio, Cisl, Ugl e Confcooperative.

Il vertice di ieri, tuttavia, è stato preceduto da un incontro allargato al quale hanno partecipato pure le Regioni sulla crisi economica in atto. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha invitato i partecipanti alla responsabilità. «Dobbiamo affrontare una situazione difficile di crisi e serve la partecipazione anche simbolica di tutti», ha detto. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, confermando le stime di una flessione del Pil del 2% nel 2009 ha ribadito che non intende aumentare l’indebitamento dello Stato, ma che si impegnerà per finanziare gli ammortizzatori sociali. I sette punti presentati dal ministro Sacconi prevedono, tra gli altri, la devoluzione alle Regioni delle funzioni di negoziazione e la settimana corta.

Il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha sollecitato «decisioni forti e stanziamento di fondi già nelle prossime settimane» perché «gli ammortizzatori sociali sono la cura, ma bisogna anche prevenire la malattia». Il segretario Cisl, Raffaele Bonanni, ha auspicato un’azione «anche sul versante dei contratti di solidarietà, mettendoli alla pari, a livello salariale, con la cassa integrazione». Anche perché, ha ribadito Angeletti della Uil «bisogna finanziare la permanenza sul posto di lavoro».

Le opportune valutazioni saranno effettuate giovedì prossimo quando il governo incontrerà le Regioni per definire la destinazione dei fondi Ue agli ammortizzatori in modo tale da coprire anche i lavoratori atipici.

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