Roma - La Cgil ha cercato di fare un passo avanti sottoscrivendo l’intesa sui contratti con Confindustria, Cisl, Uil e Ugl. Ma lo ha pagato al caro prezzo di una spaccatura con la Fiom di Maurizio Landini che vuole farne due indietro. «Non siamo d’accordo e chiediamo che ci sia un pronunciamento dei lavoratori o almeno degli iscritti. A loro diremo che questo accordo non ci piace e non andrebbe firmato », ha commentato il leader dei metalmeccanici durante una pausa dei concitati lavori del comitato centrale di Corso Italia. Landini non è stato tenero nemmeno nei confronti del proprio segretario generale Susanna Camusso accusandola di aver firmato «un accordo in cui la Cgil arretra le sue posizioni e cede su dei punti non cedibili».
Il «falco» della Fiom Giorgio Cremaschi, ha addirittura invocato le dimissioni di Camusso accusandola di aver firmato un patto «liberticida». «Nei giudizi che in queste ore arrivano dalla Fiom ci sono dichiarazioni false e alcune imprecisioni», ha ribattuto Camusso che comunque ha cercato una soluzione ecumenica. Da una parte ha sottolineato che l’accordo «va in una strada opposta a quella immaginata dal Lingotto perché non si possono più fare intese separate». Dall’altra parte il segretario ha annunciato che il direttivo della Cgil «deciderà tempi e modi della consultazione» con i lavoratori invitando Cisl e Uil a fare lo stesso. Il leitmotiv della Fiom è sempre il solito, quello che ha contraddistinto le battaglie giudiziarie in corso sulle intese di Pomigliano e Mirafiori. «Manca il voto dei lavoratori per approvare gli accordi e si apre alla derogabilità del contratto nazionale attraverso accordi aziendali», ha concluso Landini che ritiene «pericolosa anche l’apertura sulle tregue sindacali perché condiziona e vincola tutti».
Insomma, Camusso ha accettato di correre un rischio applicando alla lettera lo statuto del sindacato. Fiom è minoritaria rispetto alla «linea» della segreteria e, considerato che l’intesa recepisce l’estensione delle regole valide per la contrattazione degli statali che sono numerosi, il sì dovrebbe passare. Mal di pancia e frazionismi vari potrebbero far saltare il banco. Se però Landini fosse battuto e non dovesse rispettare gli accordi interconfederali, potrebbe essere destituito e la Fiom commissariata. I metalmeccanici, infatti, non mettono in mora solamente il ruolo-guida del segretario Camusso, ma soprattutto le parti innovative dell’accordo. In particolare, la possibilità per le aziende di ritenere vincolanti gli impegni assunti con la contrattazione collettiva e di richiedere «tregue» sindacali. Istituti validi solo per le rappresentanze che hanno firmato le intese e non per i singoli lavoratori come avrebbe voluto Fiat che non è riuscita nemmeno a ottenere da Confindustria la retroattività dell’accordo per bloccare le cause in corso. Occorre però ricordare la grande rilevanza delle «deroghe» aziendali alle norme contenute nel contratto nazionale.
L’intesa consente alla Cgil di uscire dall’angolo nel quale si era rinchiusa dopo non aver firmato la riforma della contrattazione nel 2009.
E soprattutto dà ancora maggior peso alle grandi confederazioni perché la rappresentanza si certificherà sulla base della soglia minima del 5% dei lavoratori di ciascuna categoria. La soddisfazione » manifestata ancora ieri da tutti i firmatari potrebbe essere di breve durata tra l’incudine del referendum e il martello dell’uscita di Fiat da Confindustria.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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