Roma - «Siamo un Paese ostaggio delle procure, in balia di magistrati fuori da ogni controllo e che calpestano regolarmente quella legalità che dovrebbero invece considerare sacra. Se pensano davvero che io faccia un passo indietro vuol dire che non mi conoscono. Da oggi i passi saranno solo in avanti, con provvedimenti di legge che avranno l’obiettivo di impedire alla magistratura di farsi parte attiva di quelli che sono veri e propri disegni eversivi». Dopo aver accusato il colpo dell’ultima ondata di intercettazioni riversate on demand alla Camera mercoledì scorso, Berlusconi decide di giocare al contrattacco. E nei gabinetti di guerra che si susseguono a Palazzo Grazioli non ammette esitazioni: bisogna colpire duro, senza esitazioni e a testa alta. D’altra parte, non è una novità che in questi giorni il premier non abbia affatto gradito la scelta di alcuni dirigenti del Pdl di rimanere un po’ in disparte. E ne sa qualcosa Podestà, invitato neanche troppo cortesemente dal Cavaliere a rimettere il mandato di coordinatore regionale della Lombardia. Arrivederci e grazie perché, ripete il capo del governo, «questo è uno scontro senza esclusione di colpi».
Il conto alla rovescia verso quello che rischia di essere un vero e proprio Big bang è insomma iniziato. E difficilmente si arresterà, se mai come ieri la tensione ha superato i livelli di guardia prospettando un conflitto istituzionale senza precedenti. Berlusconi - lo ripete più volte in privato durante la giornata - tira infatti dritto per la sua strada, convinto che l’unica risposta a quello che definisce senza esitazioni il «tandem eversivo» tra la procura di Milano e Fini sia il contrattacco. A iniziare dai magistrati - tanto che ieri sono stati ripresi in mano i provvedimenti in materia di giustizia che erano stati accantonati «per colpa» dei finiani, processo breve in primis - fino ad arrivare al presidente della Camera. Che, insiste il premier puntando il dito sulla vicenda Copasir, «ha ormai certificato di non essere super partes». Ed è su questo punto che batterà il Pdl nei prossimi giorni, non solo per cercare di spostare l’attenzione dei media dal caso Ruby all’affaire Montecarlo ma anche perché il Cavaliere è deciso a chiudere la partita. «Quello che mi è stato fatto in questi giorni - confida - è senza precedenti. Mi vogliono morto? Bene, vedremo chi resterà in piedi».
Uno scontro istituzionale che si allarga a macchia d’olio, visto che sono già due giorni che sulla Farnesina non mancano le pressioni di Quirinale e presidenza della Camera. Qualche malevolo, infatti, sostiene - forse con un eccesso di malizia - che Fini conosceva da tempo il contenuto delle carte arrivate da Saint Lucia. Magari grazie ai buoni uffici di cui gode al ministero degli Esteri dove Massolo e Terracciano occupano poltrone di vertice come quella di segretario generale e capo di gabinetto. Il primo è stato capo di gabinetto di Fini, il secondo suo portavoce. Chissà. Di certo c’è che il Fli ha subito risposto mettendo in discussione la correttezza istituzionale di Fini ma pure di Schifani. E pare che è proprio sul presidente del Senato che Fini abbia dato mandato di «picchiare» nei prossimi giorni, magari con un’interpellanza in Parlamento che ripeschi dal cilindro le rivelazioni di Spatuzza. Insomma, se non è il Big bang poco ci manca.
Anche perché Berlusconi è deciso a tirare dritto. «Dopo la decisione della giunta per le autorizzazioni - spiega il deputato Pdl Sisto - toccherà all’Aula pronunciarsi sulla competenza». Quasi certamente già la prossima settimana e con voto palese.
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