Contro la moschea in via Padova pronte le barricate

La notizia della possibile costruzione di una mega-moschea di oltre 3mila metri quadrati alla punta di via Padova coglie di sorpresa, ma non impreparati, la quasi totalità di residenti e commercianti. Gente che da tempo si batte presso le autorità per l’affermazione della sicurezza e della vivibilità del quartiere, e che di fronte all’«ultimo affronto» non ha affatto intenzione di sopportare in silenzio. «Siamo pronti a scendere in strada ogni sera, per protestare contro un’iniziativa del tutto inopportuna - alzano la voce -. Un luogo che finirà per diventare un centro d’arruolamento per terroristi, per giunta a due passi dalle nostre case e dai nostri negozi. Non se ne parla neanche. L’amministrazione, questa volta, non potrà ignorarci».
Parole che rispecchiano il pensiero di una larga fetta di opinione pubblica e che prende corpo, ad esempio, nella storia di due fioristi e del loro chiosco sulla riva della Martesana. Padre e figlio alle prese almeno da un decennio con episodi di «ordinaria inciviltà». «Viviamo in una zona già fortemente a rischio. E, invece che riqualificarla, si spende denaro pubblico per assestarle il colpo finale. Dopo l’accampamento rom in via Idro, pusher e prostituzione anche di giorno - continuano i due - ci mancava soltanto un centro di aggregazione per integralisti islamici. Siamo sicuri che gli abitanti non permetteranno un simile scempio a chi strumentalizza la religione a scopo elettorale». A dire il vero, però, la comunità musulmana della città ha da tempo, proprio al civico 142 di via Padova, un punto di riferimento per la preghiera e gli incontri culturali. La signora Rosy descrive la situazione da un altro punto di vista. «Basta affacciarsi dal mio balcone. Ogni venerdì pomeriggio, dalle due, sembra di stare in un Paese arabo. Si impossessano della via e per noi che abitiamo qui non è certo come se fossimo in vacanza! Ci opporremo con tutte le forze se il Comune deciderà di dare il proprio assenso a un progetto talmente assurdo». Troppo, evidentemente, pure per chi è ormai abituato a tollerare il degrado. Fabrizio, gestore di una tabaccheria poco distante dalla fermata metrò di Cimiano, è convinto che «operazioni del genere si vogliono far mandar giù a quelle periferie dove sembra non vi sia più nulla da perdere e quindi si crede che non diano fastidio a nessuno. Altrove ci sarebbe un’autentica levata di scudi». Riguardo alla moschea, commenta: «È solo l’ultimo passo verso l’islamizzazione di Milano: e pensare che hanno iniziato facendoci togliere i crocifissi dalle scuole». Qualcuno, nonostante tutto, concede un’apertura di credito all’ipotesi del tempo al numero 366. Come Orlando, proprietario di un’edicola: «In una struttura con regolare permesso le forze dell’ordine potranno stanare e fermare i criminali, che sono una minoranza».

Maria e Carmen, sorelle a passeggio lungo il Naviglio, si spingono ancora oltre: «Contro i musulmani ci sono troppi pregiudizi. Hanno tutto il diritto a una grande moschea, sono residenti e perciò “milanesi” quanto gli altri. Anzi, dovremo entrare là dentro anche noi per conoscerli davvero». Sperando di non trovare brutte sorprese.

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