In convento senza auto blu il governatore sconta i peccati

ALTERNATIVE C’è chi invece preferisce un lavacro in televisione ospite di Daria Bignardi

In convento senza auto blu il governatore sconta i peccati

In convento! Piero Marrazzo prima si è diretto verso l’Abbazia di Montecassino. Poi - visto che l’indirizzo del suo refugium peccatorum era stato scoperto - si è presentato all’uscio di un monastero ignoto. Spogliato di tutto, senza l’armatura del potere, gettata l’insegna di governatore, cerca qualcosa. La faccia? Appena la faccia?
C’è qualcosa di molto antico e rivoluzionario in questa decisione. Marrazzo per una volta non ha obbedito al partito, che voleva una malattia di comodo per sfruttare il suo cadavere politico. Ha tagliato corto con le mezze misure, con le moine bizantine del rinvio, per curare davvero l’unica malattia seria che c’è: la disperazione, la perdita di se stessi, il dolore inflitto ai propri cari. E al diavolo l’immagine pubblica. Scegliere il convento, la cenere sul capo, dirlo senza vergognarsi, alzarsi di notte per cantare il mattutino, è una testimonianza che ci lega alle radici perdute. Certo, c’è sempre la possibile malizia di chi veda in questa opzione della trappa l’ultima risorsa per salvare qualcosa di buono nel ricordo del prossimo. Se fosse ipocrisia sarebbe la peggiore. Peggio per Marrazzo se fosse così, ma anche peggio per noi, se pensiamo in questa maniera: vorrebbe dire che rinunciamo alla possibilità di rialzarci, di guardare in faccia la nostra miseria e metterci finalmente - come diceva San Benedetto - a «quaerere Deum», a cercare Dio. Che non è una specialità delle anime pie o con il collo storto, ma degli uomini sinceri: la civiltà si è salvata dai barbari in questo modo. Con le abbazie. Qualche volta battere la testa contro un trans e contro ricattatori, può persino diventare un nuovo inizio.
Si finisce lì. Nei luoghi dove l’ultima parola non è vaffanculo, o almeno si spera. Nei primi secoli dell’età cristiana gli eremiti scomparivano dal mondo, come Antonio, per essere soli con il Solo, uno con l’Uno. Non era una dolcezza, una pillola d’oro: lo sa chi ha sperimentato il convento, a volte è meno penoso il carcere dell’inchinarsi a terra. C’erano gli stiliti, stavano fermi su una colonna per decenni, come Simeone in Siria. Via dalla terra, ma innalzati al cielo. Cominciò nell’Alto Medioevo il costume dei re e dei condottieri di chiudersi in cella quando dopo i trent’anni - allora il mondo, nel retrogrado Medioevo, era in mano ai trentenni - si ritiravano dagli onori. Oppure per redimersi si facevano monaci-guerrieri tra i Templari. Ci sono state regine come santa Brigida, principesse come la Orsini, madre di Benedetto XIII, che si fece domenicana di clausura con il nome di Suor Maria Battista dello Spirito Santo. Al culmine del successo e del potere, cercavano di purificarsi lasciandosi seppellire dal silenzio. Che non è il vuoto, lo zero, il niente. Nella lingua ebraica non esiste la parola silenzio, per dire silenzio si usa brezza, mormorio. Bisogna ascoltare, guardare, invece che afferrare gli istanti per spremerne lo stupido succo del potere e del piacere. Questo dice l’antica scelta che oggi Marrazzo fa sua. O almeno si spera. Al male estremo e vergognoso (forse) ha deciso di rispondere con l’estrema umiliazione del seppellimento di sé. Sperando di resuscitare, non in politica ma almeno tra chi gli vuol bene.
Per quanto? Marrazzo ha famiglia. La moglie gli è rimasta vicina, e questa capacità di voler bene nonostante il disastro e l’umiliazione subita, è qualcosa che fa bene, e mostra la superiorità delle donne (e delle mogli) su questi ometti che inseguono chiappe grandi.
In convento, senza ingaggi. Da qualche tempo a questa parte si preferisce invece il ricovero in qualche trasmissione, la consolazione su qualche isola dei famosi. Invece che battersi il petto a tu per tu con Dio, preferiscono un lavacro con Daria Bignardi. I post sessantottini, invocano spedizioni nei Caraibi per aprire bar sulla spiaggia, o si dirigono verso le Ande sognando un’altra vita in Patagonia. Invece che i rovi notturni dell’Innominato, l’happy hour.
I titoli dei siti internet abbondano di ironia nei confronti di Marrazzo. Ovvio. Il cinema ha sfornato un sacco di storie ridanciane sugli allegri penitenti che se ne vanno a meditare tra cardellini e violette. Preferisco altri esempi, conosco altre storie.
Che tipo di scelta è quella di Marrazzo? Nessuna pretesa di entrare nel petto degli altri: abbiamo già fin troppi sommozzatori che si calano nelle mutande altrui. Per fortuna esiste ancora un’intimità più intima di federe e lenzuola. Non c’è nessuna cimice che registri lì. Per cui lascio in pace l’ex governatore del Lazio.

E dico che alla fine le dimissioni e la fuga dal mondo sono nella tradizione migliore del potere che cerca di espiare i suoi eccessi.
Dimissioni, sparire. Se ci saranno processi, si vedrà, ma intanto abbandonare auto blu e doppiopetto, cambiare itinerario. Esiste una possibilità.

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