Medicina

Convivere con l’artrite reumatoide

Convivere con l’artrite reumatoide

nostro inviato a Vienna
Con l'artrite reumatoide si può convivere. Si torna a compiere quei mille gesti quotidiani che il dolore o l'irrigidimento delle articolazioni rende impossibile: afferrare un bicchiere e brindare, indossare una camicia e chiudere i bottoni, salire o scendere da un'auto, prendere con le proprie mani una sedia e spostarla. E perfino andare in bicicletta. È un ritorno alla vita. Sembra quasi un miracolo per quei malati le cui disabilità motorie sono tali da renderli totalmente dipendenti.
Fino ad oggi i reumatologi non ricevevano molti crediti affettivi dai propri pazienti in quanto non disponevano di strumenti efficaci da impiegare nella cura delle cento dolorose forme di artrite, affezioni infiammatorie a carico di una o più articolazioni. Ognuna di queste patologie ha cause e sintomi diversi.
È un territorio di confine della scienza medica, in parte ancora inesplorato. Sappiamo poco di queste malattie immunodipendenti, dovute ad una risposta sbagliata, si presume eccessiva o deficitaria, del nostro sistema immunitario che normalmente ci protegge dalle lesioni o dagli invasori biologici come virus e batteri. A volte il sistema impazzisce e scatena un attacco che colpisce alcune articolazioni del nostro corpo. All'origine della malattia autoimmune sembra vi sia una produzione insufficiente o eccessiva di alcune proteine (citochine) che promuovono l'attivazione, la crescita o la morte delle cellule del nostro sistema di difesa.
È con l'arrivo dei nuovi farmaci biologici, scoperti da pochi anni, che le prospettive di cura dei pazienti con malattie infiammatorie immuno-mediate alle articolazioni, cioè affetti da artrite reumatoide, si sono sostanzialmente modificate, come è avvenuto per analoghe patologie che hanno colpito l'intestino (malattia di Crohn), o la colonna vertebrale (spondilite anchilosante). È stata individuata una particolare proteina (Tumor necrosis factor alpha, TNF-alpha), viene sintetizzata dalle cellule del sistema immunitario (globuli bianchi), che innesca il processo infiammatorio legandosi a determinati recettori. Milioni di persone nel mondo, oltre il 5% della popolazione dei Paesi occidentali, è colpito da disfunzioni del sistema immunitario all'origine delle malattie infiammatorie. Sono le ricerche avanzate degli ultimi cinque anni che ci hanno rivelato alcuni meccanismi fisiologici comuni in questi disturbi infiammatori che sembravano non correlati.
Per approfondire questo tema a Vienna si sono riuniti oltre 7mila reumatologi europei che hanno partecipato al Congresso annuale della loro Società scientifica. È stato dimostrato che uno dei più innovativi anticorpi monoclonali (infliximab) blocca le proteine infiammatorie o i loro recettori, legandosi ad una proteina (TNF alfa), sintetizzata dalle cellule del sistema immunitario. A Vienna sono stati inoltre presentati i risultati di una indagine che ha coinvolto 500 reumatologi europei. Il 75% degli intervistati identifica come inadeguata l'attuale terapia di prima linea (metotrexate), in quanto non ottiene la remissione della malattia, un rapido controllo del dolore e un ritardo della erosione articolare. I farmaci biologici consentono invece di mantenere ai pazienti la funzionalità motoria e la capacità lavorativa, ma solo se la diagnosi della malattia avviene entro 12 settimane dall'esordio dei primi sintomi e la terapia viene avviata entro le prime 16 settimane. Una considerazione amara: dalla comparsa dei primi dolori molti italiani devono aspettare mesi per avere una visita specialistica.

Queste lunghe liste di attesa hanno un effetto devastante.

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