
da Venezia
In La grazia, il bel film in concorso di Paolo Sorrentino che la Mostra, il Papa può anche essere di colore e girare per i giardini del Vaticano in scooter, ma il presidente della Repubblica non può che essere democristiano, anche se la Dc, come partito, magari non esiste più. Non per nulla quest'ultimo sta al Quirinale per un settennato, i tempi lunghi sopravvissuti di un'epoca della politica in cui si pensava che la politica necessitasse di tempo e non di fretta, e non per nulla ha un passato di giurista, diritto penale la materia insegnata, la legge come strumento protettivo che cerca di avvicinare il più possibile la giustizia alla verità, se non altro processuale... Eppure Mariano De Santis, questo il suo nome, è un uomo che ha più dubbi che certezze, tranne la consapevolezza di aver amato incondizionatamente sua moglie, nonostante lei, quarant'anni prima, lo abbia tradito. Quell'amore, comunque, è stato una grazia, gli ha riempito la vita, ha dato un senso e una possibilità di leggerezza a chi, come lui, è stato soprannominato "cemento armato": inscalfibile, imperturbabile, murato nella legge sino alla noia. Adesso però è vedovo, è a fine mandato, e sa di non avere più tempo davanti a sé.
La grazia del titolo rimanda altresì a due domande di grazia che il presidente può accogliere o rifiutare, due omicidi commessi in circostanze tali che possono anche legittimare il perdono, e, in maniera più trasversale, al tema dell'eutanasia, una legge che può rimandare al Parlamento con la sua firma di approvazione oppure no. Da cattolico, è una legge che gli ripugna, da democristiano ha la tentazione di lasciare che di quella questione spinosa si occupi chi verrà dopo. Tuttavia, è un tema etico, un problema morale e quindi non è più il tempo delle scappatoie.
Costruito intorno a Tony Servillo, un'icona ormai, più che un attore, il film ha uno dei suoi punti di forza in Anna Ferzetti, che interpreta sua figlia, Dorotea, una che ama suo padre, ma non lo conosce, così come il padre non sa nulla di lei, amori, passioni, vita privata... E forse più che sull'amore, il dubbio, i dilemmi morali, La grazia è un film sulla solitudine, lancinante per chi non ha più un futuro davanti e si aggrappa ai ricordi per non lasciarsi andare, pericoloso per chi sente di star sprecando la vita per eccesso di serietà, di responsabilità, di incapacità di aprirsi al mondo.
Costruito in maniera rigorosa, con qualche sprazzo surreal-sorrentiniano tipico (un coro degli alpini, un capo di Stato straniero in visita al Quirinale fra tuoni, lampi e cadute sul tappeto rosso, la passione per la musica rap del presidente...), La Grazia è un film nostalgicamente quanto politicamente serio.