Politica

Il coraggio di andare al voto

È stato un atto di grande coraggio per Berlusconi quello di chiedere le elezioni quando nel Paese vi è un sentimento della democrazia divenuta vano rito, da quando è nata una minimaggioranza che ritiene illegittimo il governo precedente e quindi illegittima l'opposizione. Il conflitto è divenuto più aspro da quando esso iniziò nel '94. La coalizione che si è creata dall'Ulivo più l'Unione non ha avuto riscontro in nessun Paese europeo, perché mai tutte le differenze politiche legate alle culture del Novecento (conservatori, liberali, cattolici, socialisti, comunisti), si sono presentate in un'unica coalizione fondata sul presentare l'altra coalizione come composta da nemici della democrazia e della legalità.
Fu così legittimo, per la maggioranza vincente, escludere l'opposizione, quasi paritaria per voti, da ogni carica istituzionale, prima di passare alla distruzione della precedente legislazione come impura. Verrebbe quasi da dire che questa coalizione, in gran parte laica, è spinta da un senso del sacro, così da ritenere come immondo tutto ciò che ha toccato Berlusconi. Ne è venuta una frattura a tutti i livelli della politica che ha permesso alla maggioranza di considerarsi come sola a decidere. Un tale uso improprio dello Stato non poteva essere risolto con un accordo su una legge elettorale che la sinistra non sapeva esprimere in forma unitaria ed era pensata per dividere il centrodestra.
La verità è che la maggioranza è caduta per implosione, cioè per sua volontà. Il caso Mastella è giunto soltanto per manifestare che ormai ogni forza politica si considerava ormai sciolta dal vincolo di coalizione, perché l'impopolarità della coalizione era tale da nuocere non solo all'insieme, ma anche ai singoli. L'antipolitica è nata a sinistra dal sentimento che il governo fosse soltanto una spartizione condivisa del potere. L'idea di un governo della sinistra come fatto innovatore viene messa in crisi dal suo governo reale: come abitualmente è accaduto nella storia europea.
La sinistra, che sa essere molto determinata nell'acquisizione del potere, si vive come una minoranza salvifica, che impone alla maggioranza i valori di civiltà: di essere cioè ciò che dà sale alla vita politica e forma sociale alla democrazia. Vi è un contrasto tra l'uso spregiudicato del potere e l'immagine di se stesso come forza redentrice.
Il risultato è stato che il governo della sinistra ha messo in crisi lo Stato al suo limite minimo, quello della legalità e quello della fiscalità, dovuto al concetto che la sinistra non può toccare la spesa pubblica perché l'assistenza sociale è il suo fine etico e il gestirla delle istituzioni è la sua fonte di potere e di ricchezza. Il progresso nel bilancio pubblico è avvenuto solo mediante il tesoretto, cioè mediante l'imposizione fiscale che è divenuta l'argomento del governo moralizzatore che ha proprio nell'esercizio di questo potere la sua ragione morale e fondamentale. La sinistra che ha preso il governo è dunque una sinistra antica, quella per cui tassare è bene, spendere è bene, ma con essa è anche caduto il controllo dello Stato sul territorio, specialmente nel sud peninsulare, nell'antico regno di Napoli, in cui camorra e 'ndrangheta la fanno da padroni e la struttura politica diviene preferenza che beneficia le linee delle famiglie in tutti i sensi e crea gruppi di potere che hanno solo l'apparenza di partito.
La maggioranza si è sciolta per la sua implosione, perché l'insieme degradato non compensava più i vantaggi delle singole parti. E perché il fascino dell'utopia si era spento nell'esperienza delle istituzioni. Entra così in crisi con questo governo la sinistra storica, che univa la sua legittimazione utopica espressa come differenza etica con la più sistematica occupazione degli spazi di potere. Le elezioni sono inevitabili, perché la sinistra di governo è entrata in conflitto con l'immagine che la sinistra ha di se stessa. In questo modo finisce la nobiltà della sinistra come utopia legittimante e si apre il problema delle forze della libertà come alternativa politica e culturale. Possono cooperare con ciò che esce dalla sinistra in crisi, ma devono contare sul loro popolo per affermare la differenza della libertà e del buon governo. Berlusconi ha scelto di candidarsi in condizioni ben diverse e più degradate di quelle degli anni precedenti in cui gli elettori si domandano se votare ha ancora un senso.


Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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