Il coraggio di Berlusconi e le strategie mediatiche della procura di Milano

Caro Granzotto, vediamo se lei può spiegarmi l’arcano: la procura milanese monta un processone tutto puntato sui vizi e l’immoralità di Silvio Berlusconi, non solo puttaniere, ma anche macrò, e cosa succede? Succede che la procura medesima proibisce le riprese televisive del processo. Le stesse sempre autorizzate in nome della trasparenza. C’è del marcio, all’ombra della Madonnina?
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Piano, piano, caro Peretti. Quale marcio? Sorpresa, caso mai; stizza, forse. Bisogna calarsi nei panni loro, per capire come vanno le cose. Dunque ci si metta, si metta nei panni di una Procura alla quale si ripresentava, con Ruby, l’occasione per riaprire il discorso sulla tenuta etica del Cavaliere. Una faccenda di sicuro richiamo, specie se alla solita accusa di spassarsela in un tripudio di belle guaglione, si sommava quella d’aver giaciuto, commettendo atto impuro, con una minorenne finendo per indurla, nelle vesti di pappone, a battere il marciapiede. Ce n’era di che far saltare la santabarbara mediatica. E allora via con i pedinamenti, gli appostamenti e le perquisizioni, via con le centinaia di telefoni sotto controllo e poi sequestrati e poi ancora eviscerati per la documentazione - foto e filmini - da scodellare in tribunale. Raccolta la documentazione- 20 mila, diconsi 20 mila pagine di atti - devono essere rimasti un po’ delusi, gl’inquisitori. Il viavai ad Arcore era minuziosamente descritto; le migliaia di telefonate intercettate, scrupolosamente trascritte; la parte iconografica - foto di un lampadario, di una tavola imbandita, di una porta... - allegata. Compare anche materiale definito «hard»: il filmato della durata di un secondo che riprende un atto sessuale «risultando impossibile identificare i soggetti interessati» e quello di cinque secondi che sempre riprendendo l’atto sessuale precedente, mostra il volto di una tale De Vivo Concetta «e di un uomo non meglio identificato». Come non bastasse, nel verbale si precisa che «non è tecnicamente possibile collocare in un contesto spaziale o temporale i filmati». Manca dunque, nel fascicolo, la pistola fumante, la prova che nel corso del bunga bunga l’imputato si sia unito in congresso carnale con una minorenne, chiave di volta dell’accusa. Embé?, si saranno detti in Procura. Tanto, al solito, Berlusconi rifiuterà di presenziare al processo, di rispondere alle domande: insomma, di farsi giudicare. Però, intanto, il «processo» andrà avanti sulle prime pagine dei giornali e nel talk show televisivi dando luogo al ben oliato sputtanamento, pardon, mediatico-giudiziario. Ma ecco che prendendo le toghe in contropiede il Berlusca dichiara di essere pronto a presentarsi in aula. Ohibò. Stando così le cose te lo saluto il teatrino del processo cartaceo, sulle pagine dei quotidiani, le illazioni e le insinuazioni, la giustizia creativa alla D’Avanzo, le «a domanda non risponde». Sarà un processo vero, in un’aula di giustizia dove, per dirla col vecchio Hans Christian Andersen, re e regine saranno nudi. Ebbene, caro Peretti, pare proprio che qualcuno a mettersi a nudo non ci stia. E così il processo Ruby che doveva avere la corsia preferenziale per essere celebrato in men che non si dica, è stato subito «calendarizzato» secondo i tempi abituali. E così alle telecamere, impietose nel cogliere certe metaforiche nudità, è stato precluso l’ingresso in aula.

Improvvisamente, da qualche parte si è avvertita l’esigenza della discrezione. Quasi a voler ricordare che i panni sporchi si lavano in famiglia (e non è detto, no davvero, che ci si riferisca ai panni dell’imputato).
Paolo Granzotto

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