Cultura e Spettacoli

Corbucci, il mestiere di vivere sul set

La moglie Nori racconta la carriera del regista romano

«Questa è la storia del cinemà: tutti ne parlano, nessuno lo fa»: se già nel 1935 Mino Maccari canzonava così i velleitari più che fiorenti - anche allora - nella Roma «città del cinema», figuriamoci quante ne avrebbe potute dire sulle comari di oggi. E gli avrebbe dato senz’altro manforte un altro personaggio d’eccezione, spiritoso come lui, il non dimenticabile Sergio Corbucci, con le sue altrettanto azzeccatissime battute. Nulla più della chiacchiera era refrattario al temperamento arguto di questo inconfondibile «romano de Roma», uno che il cinema lo ha fatto davvero (chi non ricorda le tante famose commedie, i thriller e i western all’italiana, nonché l’illustre coppia Bud Spencer&Terence Hill?) e che fin da ragazzo si era a tal punto innamorato del suo mestiere da far coincidere vita e spettacolo, sentimenti, amori, amicizie, esperienze private e straordinarie scaltrezze professionali.
Dell’estro satirico e imprevedibile di Sergio Corbucci si ricordano i funambolismi e le trovate, gli artifici e le gag ripetute sullo schermo o via radio in una girandola di umana simpatia ricavata in presa diretta da vizi, virtù, pregi e difetti del costume italiano. La intensa ma non lunga vita di questo «cineasta per amore» è largamente costellata di successi popolari. Il suo cinema, leggero e rocambolesco, piaceva a tutti quanti (o quasi: non ai critici col birignao). E piaceva soprattutto a lui, quando viveva sul set, e per l’occasione diceva: «Se i produttori sapessero quanto mi diverto a fare i film, non mi pagherebbero tanto». Fedele a un’immagine pubblica di sé che comunicava sempre entusiasmo e allegria («considerava elegantissimo prendersi poco sul serio», ricorda Lina Wertmuller) Corbucci ha condiviso per più di trent’anni questa vita-spettacolo con la moglie Nori, un tipo che per carattere e sensibilità sembra davvero essere stata concepita come la sua metà.
Ed è stata proprio lei a riassumere tutta una singolare esperienza di vita in una variopinta manciata di aneddoti raccontati oggi, a quindici anni dalla scomparsa del regista, col medesimo piglio leggero e brioso del suo compagno: Nori Corbucci, Ciak, motore, azione. A lato, dietro e dentro al cinema (Ibiskos, pagg. 130, euro 18). Il libro di Nori - accompagnato da presentazioni di Paolo Villaggio e Roberto D’Agostino - si legge come una lunga avventura privata che tutti sembrano avere già a fondo conosciuto tanto è connessa alla storia del cinema italiano. Produttori come Peppino Amato e Angelo Rizzoli; registi come Luchino Visconti, Federico Fellini, Francesco Rosi, Franco Zeffirelli, Mario Monicelli; attori e attrici come Lucia Bosè, Silvana Mangano, Alberto Sordi, Monica Vitti, Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Adriano Celentano, Claudia Cardinale, Vittorio De Sica, Totò, Peppino De Filippo, Ugo Tognazzi, Franco Nero, Barbra Streisand, sono soltanto alcuni dei personaggi che attraversano il racconto animando una trama di spigolature-ricordo prese da un set, da una vacanza con amici, da strani viaggi per mare e per terra, nelle situazioni più diverse (dal lusso estremo all’estremo disagio) e che solo la vita per nulla virtuale bensì meta-reale di chi fa cinema può forse consentire. Dice per questo la bella Nori (di buona famiglia borghese napoletano-triestina, trapiantata a Roma appena ventenne per cercare fortuna nella “fabbrica dei sogni” di Cinecittà): «... con Sergio è cominciata per me a Roma la grande avventura del cinema ... gli ho visto girare una cinquantina di film, sette pellicole con Totò, quindici western, venti commedie, quattro o cinque thriller con tutti i maggiori attori italiani e stranieri. Abbiamo lavorato in tutta Italia, e in molti altri paesi: Grecia, Inghilterra, Germania, Jugoslavia, Spagna e America. Ogni film, una grande esperienza: nuovi attori, nuovi posti, nuovi amici. Questo è uno dei segreti principali del fascino di fare cinema. Si cambia ogni volta tutto». Il fascino indiscreto e assai privilegiato di poter «cambiare ogni volta» vita e lavoro si percepisce d’un fiato a leggere il vivace racconto dove ogni capitolo sembra l’avventura di una lunga messa in scena in giro per il mondo (qualche esempio: «Capodanno a Mosca», «Naufragio in Costa Azzurra», «Animali ed effetti speciali», «Intasamento nel deserto», «Il disco volante», «Il Nabila di Khassogi»). Manìe e chiodi fissi di attori e cantanti, giornalisti e uomini politici, scene di gelosia, psicodrammi a lieto fine, feste, balli esotici, corredano naturalmente i retroscena del «fare cinema» che ha letteralmente pervaso l’esistenza di Nori e Sergio Corbucci fino a comporre un quadro di corrispondenze tra finzione e realtà grazie alla sapiente narrazione della autrice. Nemmeno la più schietta nostalgia pregiudica così la gioia di questo «vivere cinematografico» dove il piacere del cambiamento (di amici, di attori, di posti) si sposa con un eterno presente di sorprese. E ai lettori-spettatori viene voglia di tuffarsi dentro, anche loro come attori, in questa “fabbrica dei sogni” evocata e dipinta proprio come fosse un film.

Fatto a dovere.

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