La Corea dà l’addio a Seul adesso tutti in campagna

Il presidente coreano Roh Moo-hyun si è innamorato di una malesiana. Putrajaya, la nuova capitale. Ha spedito i suoi uomini più fidati a spiarla, per studiarne ogni dettaglio, ogni bellezza. Perché ne vuole una uguale per la sua Corea, da mettere al posto di Seul, ormai troppo caotica e inquinata, un concentrato di 10 milioni di abitanti, traffico e smog, troppo vicino poi dal confine con gli odiati fratelli comunisti. Spersonalizzante al punto che la prima causa di morte degli abitanti della capitale è il suicidio. Così la terza potenza economica dell’Asia avrà un nuovo baricentro politico e amministrativo, 160 chilometri a Sud di quello attuale. La faranno sorgere in un’area contadina tra le contee di Yeongi e di Keongiu: aria pura, trasporti migliori e decentramento a più non posso. La nuova Città delle mille città non ha ancora un nome se non provvisorio. Già iniziati i lavori ma solo nel 2012 partiranno i primi traslochi. Sempre che la burocrazia non fermi tutto. Il piano è pronto, il budget pure: più o meno 45 miliardi di dollari, solo per partire. È quello che produce la Nigeria in un anno. O come costruire dieci ponti sullo Stretto. E i sudcoreani? Contrari, dicono i sondaggi.

Il governo di referendum non vuole sentir parlare, ma parla di «imperativo nazionale» e manda in campo le ruspe. La nuova capitale dovrà essere grande un decimo della vecchia, non più di mezzo milione di abitanti. Per cominciare un’altra vita in campagna.

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