Milano Tutti uniti, perché la notizia non è di destra né di sinistra. Uniti anche perché, per dirla col direttore del Giornale, Vittorio Feltri, «in Italia non cè più destra né sinistra ma ci sono soltanto berlusconiani e anti-berlusconiani, che si considerano vicendevolmente dei cretini».
Il mostro da uccidere prima che sia troppo tardi per la salute della stampa italiana, il siluro da respingere al mittente, è il disegno di legge sulle intercettazioni. Contro il quale, sono scesi in campo direttori di giornali, di agenzie di stampa e di tv nellambito di uniniziativa promossa, ieri pomeriggio dalla Fnsi, con interventi in videoconferenza dalla Sala Tobagi della Fnsi a Roma e dal Circolo della Stampa di Milano, e conclusasi con un documento da tutti sottoscritto.
Largomento è piuttosto noto e i rischi sono tali e tanti, per chi si trova ad esercitare il diritto di informazione, se il provvedimento passasse così come è stato concepito, che lallarme lanciato dagli intervenuti dovrebbe rappresentare un segnale forte e inequivocabile.
«Il disegno di legge è stato fatto con lintenzione di metterci nellangolo e zittirci e, visto, che difficilmente si arriverà allapprovazione di un testo accettabile mi auguro che la Corte Costituzionale bocci questa legge perché lede il diritto fondamentale dei cittadini di sapere cosa succede nel nostro Paese», ha dichiarato Feltri.
Che ha aggiunto: «Non si capisce perché debba essere approvata una legge che, per tutelare la privacy, viola il diritto alla libertà di stampa. La privacy è sacrosanta ma per tutelarla basterebbe imporre ai pm di trattare solo le intercettazioni con rilevanza penale e distruggere tutto il resto. Inserire, infatti, negli atti dei procedimenti giudiziari ciò che non serve alle indagini è un invito a nozze per la stampa che non è il custode della segretezza e a cui non spetta il compito di fare la cernita. I giornali infastidiscono il potere quando fanno il loro dovere. Metterli in difficoltà con questo provvedimento significa anche mostrare una buona dose di ingenuità perché è molto probabile che andremmo a leggere le cose vietate in Italia sui siti internet esteri e quindi si verrebbero a sapere comunque».
«In ogni caso - ha concluso il direttore de Il Giornale - anche se è in gioco la nostra stessa sopravvivenza professionale, non è il caso di avventurarci in scioperi inutili e controproducenti ma, al contrario, speriamo che si faccia tutti insieme una bella battaglia».
Anche dal direttore de La Stampa, Mario Calabresi è venuto un no allo sciopero dei giornalisti: «Metterci anche noi un ulteriore bavaglio sarebbe eccessivo». Per il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli «scongiurare gli abusi della professione è giusto, ma esprimere fastidio della libera stampa deve preoccupare. È un tentativo di imbrigliare la stampa che non viene solo da questo governo, già in passato ci sono stati episodi anche se non si è raggiunto un testo così pericoloso come lattuale perché limita la nostra libertà, colpisce lattività investigativa e rappresenta un forte vulnus per la democrazia. La nostra - ha precisato De Bortoli non è una battaglia corporativa, riguarda anche lo stato di salute della stampa del nostro Paese e anche dellopinione pubblica, che è larchitrave dello Stato».
Per il direttore di Repubblica Ezio Mauro «è un falso problema parlare di privacy e dire che siamo tutti intercettati. In realtà cè il sospetto che si voglia interrompere il circuito dellinformazione e del diritto ad essere informati e il dovere di informare».
E se Norma Rangeri, direttore de Il Manifesto, ha definito «questa legge un segnale di arroganza e al tempo stesso di debolezza ma, in fondo, un altro mezzo miracolo berlusconiano perché è riuscito a mettere daccordo tutti i giornalisti» Peter Gomez de Il Fatto quotidiano ha invitato alla «disobbedienza civile, a una violazione di massa della legge, sotto legida della Fnsi e dellOrdine nazionale dei giornalisti. Di fronte a notizie certe sarebbe bello, un domani, violare la legge tutti insieme».
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