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Corruzione, in manette ex procuratore di Pinerolo

Giuseppe Marabotto, ex procuratore di Pinerolo, arrestato per un giro di mazzette da tre milioni di euro. E' lo stesso magistrato che indagò sul Totonero del calcio negli anni '80

Corruzione, in manette 
ex procuratore di Pinerolo

Milano - Il pm che indagò sul Totonero arrestato per corruzione.  Un ordine di custodia cautelare è stato spiccato per Giuseppe Marabotto, ex capo della procura di Pinerolo. Oltre alla corruzione per Marabotto ci sono altri tre mandati di cattura. L’inchiesta, coordinata dalla procura di Milano, si riferisce alle consulenze che il magistrato affidava a professionisti di fiducia, quando guidava l’ufficio di Pinerolo, per accertamenti di natura contabile o fiscale. L’indagine che ha portato all’arresto dell’ex procuratore di Pinerolo risale a diversi mesi fa. Le fiamme gialle si erano concentrate su un giro di consulenze (pagate in tutto una dozzina di milioni di euro in tre anni) che Marabotto affidava a un gruppo di professionisti: gli accertamenti sulle aziende del pinerolese venivano condotti "a modello 45", vale a dire senza notizia di reato. Quando trapelò la notizia dell’inchiesta, l’allora procuratore spiegò che il suo modo di procedere poteva permettere all’Erario di recuperare cospicue somme di denaro. Il fascicolo è gestito dal pubblico ministero Maurizio Romanelli. Oltre a quello per Marabotto, sono stati spiccati ordini di custodia cautelare per il medico Dario Vizzotto e i commercialisti Mario Emanuele Florio (molto conosciuto a Torino) e Ruggero Ragazzoni. Sono state eseguite una decina di perquisizioni. In tutto gli indagati a piede libero sono 23.

Il tesoretto Marabotto avrebbe incassato il 30% dei pagamenti effettuati sulle consulenze da lui disposte. Le consulenze ammontano a circa 10 milioni di euro e l’ex magistrato avrebbe avuto un ritorno, negli anni, di circa 3 milioni di euro. L'ex pg conferiva gli incarichi peritali, ognuno dei consulenti percepiva le parcelle, le monetizzava e consegnava il 30 per cento al suo coordinatore - uno dei due commercialisti - il quale, poi, girava la "busta" a Riccardo Saliceti, ai tempi ragioniere dell’agenzia delle Entrate di Torino e ritenuto uno dei coordinatori principali. Saliceti, a sua volta, dava la "busta" a Vizzotto, il quale, dopo aver diviso la somma complessiva per due, consegnava al procuratore la sua parte. Il sistema, tra l’altro, si sarebbe avvalso dell’allora cancelliere Antonino Lanza.

Il giudice del Totonero Ospite fisso per anni al Processo di Biscardi, nel 1986, quando era sostituto procuratore a Torino, è stato titolare della seconda inchiesta in Italia, dopo quella dell’80, su un giro di scommesse illegali. Vent’anni dopo è stato coinvolto in un filone d’indagine della procura di Napoli su Calciopoli. Il magistrato era finito nelle intercettazioni telefoniche disposte dai colleghi partenopei. Aveva - secondo l’accusa - chiesto aiuto al direttore generale della Juventus Luciano Moggi per il buon esito di un’ispezione negli uffici di Pinerolo, disposta dall’allora ministro della Giustizia Castelli. Una interpretazione che Marabotto aveva respinto con sdegno e stupore: "Macchè imbonire - si era difeso - la mia era una telefonata assolutamente scherzosa con la quale presentavo Moggi a un ispettore ministeriale, sfegatato tifoso bianconero, un ispettore venuto a Pinerolo per controllare dati informatici, non certo per esaminare il mio operato".

Il caso è stato poi archiviato dal plenum del Csm, ma nel frattempo Marabotto era stato trasferito alla Corte d’Appello di Genova, dove ha concluso la carriera nella magistratura.

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