Corsa contro il tempo al San Raffaele con l’incubo sciopero

Al San Raffaele arriva anche lo sciopero. I sindacati, dopo aver incontrato il superconsulente Renato Botti per parlare del piano industriale, hanno invitato i lavoratori a «scioperare e a scendere in piazza il 6 settembre», ovvero il giorno successivo alla prossima riunione del nuovo consiglio d’amministrazione, che si riunirà lunedì 5 settembre.
Una specie di spada di Damocle sulle decisioni dei nuovi vertici, che nell’incontro con i sindacati hanno confermato di voler procedere con una richiesta di concordato preventivo al Tribunale di Milano. Inoltre, Bondi e Botti hanno ribadito l’intenzione di far nascere una newco, che riunirà le attività core, ovvero cura e ricerca, sempre rimaste in attivo. I tempi, come si sa, sono stretti: entro il 15 settembre dovrà essere presentato alla Procura un piano attendibile che convinca i magistrati di poter evitare la procedura fallimentare.
A mettere in crisi i ragionamenti contabili c’è il fattore umano, che si chiama don Luigi Verzé, l’uomo che ha creato dal nulla l’ospedale e che adesso non accetta di essere estromesso dalla guida e dal controllo della struttura. Tra i lavoratori (e anche tra i fornitori) continua a serpeggiare il timore di “un colpo di testa” del fondatore.
Il nuovo board ha attribuito pieni poteri a Giuseppe Profiti, presidente del Bambin Gesù, l’ospedale pediatrico che appartiene al Vaticano. Ma don Verzé rimane presidente della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor e soprattutto mantiene il potere di nomina e di revoca dei membri del cda. Nelle scorse settimane il sacerdote manager ha scritto una dura lettera al cda, in cui esprime i suoi timori che le iniziative possano non essere «coerenti» con lo spirito del San Raffaele o che addirittura si pensi a una «liquidazione di fatto».
Già prima delle vacanze il nuovo cda ha preso decisioni in discontinuità con la passata gestione. Gianna Zoppei, la sessantaduenne vicepresidente dell’Associazione dei Sigilli (la società che riunisce i più stretti collaboratori di don Verzé), ex membro del cda della Fondazione, è stata informata con una lettera garbata che non avrebbe più ricoperto l’incarico di sovrintendente sanitario.
Un trattamento deciso nella direzione del risanamento, sia pure con i guanti bianchi, è stato riservato anche a Raffaella Voltolini, direttore generale dell’Università Vita Salute, membro dei Sigilli ed ex membro del cda, come Gianna Zoppei da sempre molto vicina a don Verzè. Il nuovo cda voluto dal Vaticano avrebbe fatto presente all’Università che l’affitto dei locali dovrà essere adeguato ai valori di mercato. Un balzo che porterebbe la spesa da un milione a sei milioni l’anno.
Il tema principale è la ricapitalizzazione, che dovrebbe ammontare a 400 milioni. Si parla di 250 o 300 milioni che arriverebbero dal Vaticano più 100 o 150 dal consorzio di otto banche coordinate da Intesa. Alla somma si aggiungerebbe un’iniezione di capitali privati tra i 100 e i 150 milioni. Si parla di diversi imprenditori che potrebbero partecipare alla ricapitalizzazione, dai Moratti ai Bracco a Vittorio Malacalza (che fa parte del nuovo board). Un totale di 550 milioni che, sommato a 150 milioni previsti dalle dismissioni, porterebbe il totale a 700 milioni e lascerebbe ipotizzare una redditività annua indicativa prevista tra i 30 e i 40 milioni.
Il piano industriale di Renato Botti, il superconsulente che con Enrico Bondi ha in mano il futuro del San Raffaele, prevederebbe una pulizia del non core, cioè di tutte le attività non strategiche e non legate a cura e ricerca, e una divisione della società in due: una newco e una badco.

Tra le attività non strategiche ci sarebbe l’Hotel Costa Dorada in Sardegna, l’ospedale di Olbia, il Residence infermieri di Cologno Monzese e l’immobile Ville Turro che ospita psichiatria. Con lo spostamento in sede dell’attività sanitaria e le dismissioni si prevederebbe di recuperare tra i 100 e i 150 milioni di euro.

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