Cronaca locale

Corso Sempione alla parigina, i residenti dicono sì

L’Unione Commercio propone visite all’Arco per i turisti

Chiara Campo

Da anni sogna di trasformare l’Arco della Pace in un «salotto culturale, un luogo d’incontro, dove passeggiare tra aiuole e fontanelle, ascoltare musica jazz o concerti di musica classica, ammirare vernissage all’aperto». Corso Sempione, che termina con l’Arco, deve diventare gli Champs Elysées meneghini. Lo sostiene l’assessore Vittorio Sgarbi, ma lo condivide Giac Casale, 79 anni, presidente del Comitato dei residenti di corso Sempione e autore, oltre che degli scatti per celebri campagne pubblicitarie, anche di tenaci battaglie per liberare la via pedonale dal traffico. Americano di New York, Casale vive in corso Sempione dal 1963, e ne ha contestato più volte le trasformazioni, «anche sbagliando - ammette - perché spesso, a opera finita, mi sono ricreduto». Ha provato anche a ripensare la piazza e il corso, con un progetto che ha raccolto molte firme tra i residenti. «Sgarbi dice che bisogna disfarsi del progetto di Viganò - sottolinea -, ma di fatto è già avvenuto 2 anni fa, perché il disegno originale è stato molto modificato. Anche i lampioni che definisce “mostruosi” in realtà dovevano avere globi molto più grandi. E all’isola pedonale sono stati sottratti 10mila metri quadri per far passare auto e tram». Già, la battaglia per cacciare il traffico. «Telefoniamo di continuo ai vigili - spiega - ma anche se vengono a fare multe a tappeto, 10 minuti dopo ci sono di nuovo auto parcheggiate nell’area pedonale. Serve un progetto che impedisca materialmente di fermarsi. Sgarbi vuol togliere paracarri e catene, ma al momento sono gli unici mezzi che ci salvano, anzi abbiamo proposto di mettere piccoli pilastri rimovibili ad ogni passo carraio in modo che il traffico privato non possa sostare».
Il progetto di Giac Casale, che piace dunque ai residenti che lo hanno sottoscritto, prevedeva «una serie di aiuole e 4 fontane principali attorno all’Arco, con spazi per passeggiate e panchine, perché Viganò ha pensato alla piazza dal punto di vista monumentale, non da quello sociale». Una serie di fontane «anche lungo l’area pedonale, dall’incrocio di via Melzi d’Eril». Ma la prima proposta dei residenti è «cambiare nome alla piazza, non più Sempione, ma della Pace o dell’Arco della Pace». Comunione d’intenti con l’assessore sull’illuminazione, «non intorno al monumento, come le luci che oggi vengono “sparate” negli occhi e disturbano, ma che partano dal basso verso l’alto e facciano dell’Arco uno splendore». Poi basta «concerti folli e spiagge, dovrebbe essere un comitato tecnico a vagliare spettacoli e mostre. E, come diceva Le Corbusier, il futuro del mondo è la città senz’auto. Venezia è l’eccellenza della modernità, ma non c’è bisogno di mettere l’acqua nelle città, basta regolare il traffico».
Il progetto di Sgarbi trova «pienamente d’accordo» anche il delegato dell’Unione del Commercio, Giorgio Montingelli, che trova «orrendi i lampioni» ma anche «troppo larghe le aiuole, che così sono difficili da mantenere e impediscono di allestire dehors».

Montingelli suggerisce al Comune di «organizzare visite guidate all’Arco, per rendere la zona più turistica, e i locali potrebbero esporre programmi e cenni storici».

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