CORTELLESI disoccupata si fa in sei per trovar lavoro

Storia tragicomica al Ciak. L’attrice interpreta diversi personaggi senza travestirsi: «Cambio i ruoli con la voce»

CORTELLESI disoccupata si fa in sei per trovar lavoro

Semplicemente attrice. Così si definisce Paola Cortellesi dopo aver abituato il pubblico a simpatiche parodie, a interpretazioni divertenti e non solo sul grande schermo, alla sua voce in programmi radiofonici. In poco più di dieci anni, l'artista romana ha scalato l'irto monte dell'Olimpo, aiutandosi solo con l'arte, la semplicità e la modestia. Autrice di se stessa, Paola Cortellesi torna da questa sera, a grande richiesta, sulla scena del Teatro Ciak con Gli ultimi saranno gli ultimi, un monologo sul dramma della precarietà, scritto in collaborazione con Massimiliano Bruno.
Qual è il segreto del successo di questo spettacolo tanto amato?
«Racconto una storia tragicomica; si tratta di un testo che abbiamo pensato e macinato per lungo tempo e che abbiamo cucito su me stessa. Con questa vicenda racconto di una donna che, prossima al parto, viene licenziata. La sua reazione, un po' maldestra, la porta ad affrontare il mondo andando a fare valere i suoi diritti. Parlando del tema drammatico della precarietà con i toni della commedia, vado a toccare il cuore della gente con dolcezza e simpatia. Del resto, per fare digerire certi temi forti, occorre trovare il mezzo più idoneo e, senza essere irriverente e facendo ridere, arrivo in pieno petto del pubblico».
Quindi, cantante, autrice, attrice di cinema e di televisione e anche di teatro?
«Sono ormai 12 anni che lavoro con il medesimo gruppo: Massimiliano Bruno, autore del testo, e Furio Andreotti che, oltre ad aver ideato lo spettacolo con me con Riccardo Milani, in questa occasione ha condiviso il lavoro registico con Giampiero Solari. Nonostante le mie partecipazioni televisive e cinematografiche, non ho mai abbandonato né il teatro, né l'equipe e più andiamo avanti più diventa semplice proporre nuovi progetti, inventare e pianificare».
Cosa succede sulla scena?
«Durante una nottataccia, si avvicendano sei persone, una dirigente d'azienda, un'ingenua poliziotta di provincia, un transessuale sarcastico e disilluso, un guardiano notturno pensionabile e trasandato, e infine lei, l'operaia incinta al settimo mese alla quale non viene rinnovato il contratto di lavoro. Essendo un monologo, sono sempre io a vestire i panni di tutti questi personaggi. Così, senza mai uscire di scena, senza cambiarmi d'abito, assumo a seconda del soggetto una postura, un atteggiamento differente, caratterizzando i personaggi con la voce e con il corpo».
Visto il suo eclettismo, ha un modello di riferimento?
«Non faccio nulla di eccezionale. Senza paragonarmi a mostri sacri, non è raro, nel panorama artistico italiano trovare attrici o attori capaci di dare vita a più personaggi. Nei film di Monicelli, ad esempio, o la stessa Anna Magnani».
Non crede che oggi la cultura sia decaduta?
«Trovo che ci siano tante trasmissioni interessanti: Fazio con la bravissima Litizzetto, i programmi di Serena Dandini, o quelli di approfondimento.

Certo, bisognerebbe cambiare gli orari delle programmazioni, catapultando in prima serata certi eventi culturali».
Sogni nel cassetto?
«Continuare a fare quello che sto facendo».
Gli ultimi saranno ultimi
al Ciak da stasera al 4 febbraio

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