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«Così adesso possiamo intervenire su più di 250mila edifici a rischio»

MilanoMostra una tabella e cerchia un dato: «Più di duecentocinquantamila edifici ad uso abitativo in Italia hanno un pessimo stato di conservazione».
Un numero allarmante?
«Sì - risponde Paolo Buzzetti, presidente dell’Ance, l’Associazione nazionale costruttori edili -. Ed è bene sapere che ben due milioni e duecentosettantasettemila immobili hanno uno stato di conservazione mediocre».
Che significa, presidente?
«Il nostro è il Paese del tirare a campare».
In concreto?
«Non esiste in Italia alcun obbligo di manutenzione. Certo, alcuni problemi sono visibili a occhio nudo: facciate invecchiate, intonaci scrostati, crepe. Però, nessuno ha l’obbligo di verificare in profondità lo stato di salute di un palazzo».
Insomma, quelle duecentocinquantamila case sono a rischio crollo?
«Non voglio suscitare allarmismi, ma per completare l’analisi devo fornire altri elementi oggettivamente inquietanti».
Quali?
«Al cattivo stato di manutenzione si deve aggiungere, qualche volta, una costruzione non a regola d’arte. Prendiamo il primo dopoguerra, il periodo 1945-53. All’epoca si andava di fretta. Consideriamo anche la piaga dell’abusivismo e infine non dimentichiamo che l’Italia ha più di due milioni di edifici ad uso abitativo costruiti prima del 1919: di questi ben centoventiquattromila hanno un pessimo stato di conservazione».
D’accordo, ma non ha risposto alla domanda.
«Mettiamola così: se una fuga di gas, com’è accaduto purtroppo a Milano in via Lomellina, provoca un disastro e un palazzo va in pezzi, allora vuol dire che la situazione dell’edificio era già precaria. In teoria l’immobile avrebbe dovuto resistere all’incidente. Più o meno lo stesso problema che troviamo all’Aquila, con tutti quei palazzi sbriciolati. E ancora la mancata manutenzione è all’origine della tragedia di Rivoli Torinese: un controsoffitto che precipita sugli studenti a lezione».
Come si può rimediare?
«Il passaggio fondamentale si chiama libretto del fabbricato».
In Italia è un perfetto sconosciuto.
«Sì, siamo in ritardo sulla cultura della conservazione. Ma dobbiamo recuperare il tempo perduto. Il libretto del fabbricato dovrebbe essere reso obbligatorio e dovrebbe contenere tutti i dati utili sulla vita dell’edificio. Così al momento dell’acquisto, il nuovo proprietario di un appartamento non chiederà solo la metratura, l’esposizione dei locali e l’impegno messo nelle rifiniture, ma entrerà in possesso dei parametri fondamentali sulla salute dell’edificio».
Quanto costerebbe una rivoluzione del genere?
«Molto. Ma credo che sia giunto il momento di dire la verità: non possiamo permetterci altri ritardi. Il dramma dell’Aquila dovrà pur insegnarci qualcosa. E poi abbiamo davanti a noi l’opportunità del Piano casa».
Cosa c’entra il Piano casa con i guasti delle nostre case?
«Se il governo concede un premio di cubatura del 20%, forse indica anche una strada: se il condominio si allarga e viene valutato di più, allora lo stesso condominio potrà destinare una quota di quel valore aggiunto per i lavori di manutenzione. E lo stesso discorso potrà essere esteso ai capannoni industriali e agli edifici pubblici. In Abruzzo sono stati colpiti duramente dal terremoto.

E forse è da lì, da questi simboli sfregiati, che dobbiamo ripartire».

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