Leggi il settimanale

Così gli artisti folli delle avanguardie hanno cambiato il nostro mondo

Vincenzo Trione ci porta attraverso le ere delle rivoluzioni creative del '900 e ci mostra come siano parte del presente

Così gli artisti folli delle avanguardie hanno cambiato il nostro mondo
00:00 00:00

È pensato "per viandanti pazienti" del gran circo dell'arte l'ultimo libro di Vincenzo Trione. Sono quasi seicento pagine: cominciano da un bacio rubato diventato art-performance nella cronaca di Sandro Veronesi della Biennale d'Arte di Venezia del 2001 (la prima del nuovo secolo, pare una vita fa) e finiscono con un calligramma di Apollinaire. In mezzo, Rifare il mondo. Le età dell'avanguardia (Einaudi, pagg. 592, euro 34) è un viaggio critico e molto personale di Trione, professore allo Iulm, firma del Corriere della Sera, direttore dell'Enciclopedia Treccani dell'Arte Contemporanea e nota per gli appassionati delle cronache culturali consigliere per l'arte contemporanea del comune di Napoli e curatore della mostra che la Milano olimpica dedicherà a fine gennaio a Metafisica/Metafisiche (nell'estate del 2026 andrà alla Gnamc di Roma).

Parola strana, avanguardia. Fa comodo tenerla in tasca, pronta all'uso nella conversazione, quasi a sinonimo di arte contemporanea tout-court, quando ci si aggira in galleria o nelle sale di una delle miriadi di mostre che inaugurano ogni giorno nel nostro Paese. Trione ci racconta invece che l'avanguardia è una cosa precisa: è quella voglia che solo certi artisti possiedono di cambiare il mondo e manipolare il tempo. A proposito di tempo e tempi: leggiamo questa storia originale dell'avanguardia, dall'Antitradizione Futurista di Guillaume Apollinaire del 1913 ai dipinti con iPad di oggi fatti da David Hockney, trovandola scandita non in cinque capitoli, ma in età, come le ere geologiche. Nell'età dell'oro, dice Trione, vediamo l'avanguardia che galoppa per fuggire l'oppressione della noia e trovare la vertigine dell'inatteso (tutto molto futurista) mentre, negli stessi anni o quasi, si palesa la tranquilla inquietudine di de Chirico, il "modernista antimoderno" per eccellenza. Arriva poi la stagione del disincanto: è l'età dell'argento con la riproducibilità di Warhol in cui il banale, il ripetuto e il seriale vincono. Si tratta di una stagione fascinosa e feconda, tanto che a lei guardano, molto più recentemente, i vari Damien Hirst, Jeff Koons, il nostro Francesco Vezzoli. Con questi qui chiosa Trione altro che rifare il mondo: non c'è nessun futuro da costruire, solo un passato da ben citare. L'avanguardia ha un sussulto d'orgoglio nell'età del bronzo con William Kentridge (è sua l'opera in copertina del volume): ci insegna che il passato, se elaborato a dovere, ad esempio con collage e disegni più lirici che tecnici, può aiutarci a sbrogliare le matasse aggrovigliate del presente.

A metà di questo viaggio nell'arte di oggi lo sguardo deve per forza allargarsi: come si può parlare di avanguardia tenendo fuori dal discorso l'architettura, i videogame, i videoclip, la tv, la moda? In fondo, un'architettura impossibile di Sant'Elia non è poi così diversa, nella sostanza, dal Guggenheim di Bilbao o dalla Sfera avveniristica dove si sono esibiti gli U2 un paio d'anni fa a Paradise, nella Los Angeles Valley. Capita poi che questo futurismo dinamico e sperimentale si ritrovi persino su qualche passerella (il riferimento è a quelle di Alessandro Michele, epoca Gucci). Torna allora comoda la celebre metafora di Hans Magnus Enzensberger che paragonava la cultura all'Alka-Seltzer, perché è come una pastiglia effervescente che si discioglie nel bicchiere e non la vedi più, eppure l'acqua freme, muta di sostanza. L'avanguardia, oggi, è un po' la stessa cosa: fai fatica a scorgerla perché si è già omologata al resto, si è diluita certamente, ma ha anche completato la sua missione trasformandosi in paradigma unico di rifermento dell'estetica contemporanea.

Non stupisce che Trione, il quale già in passato aveva narrato l'indicibile atelier di quel genio di Anselm Kiefer, riservi alla pittura materica e simbolica dell'artista tedesco un posto speciale in questo suo viaggio. Anche la poetica di Kiefer è una forma di avanguardia, spiega, ma votata all'accettazione del fallimento e abile a trovare nella tenacia della sua impresa la propria identità.

Sarà allora interessante osservare sotto questa lente, quella che vede in Kiefer un Sisifo dell'arte contemporanea, la prossima attesa mostra dell'artistar in Italia: a febbraio porterà quaranta teleri dedicati ad altrettante figure femminili, Le Alchimiste. Sono opere concepite per dialogare, tra distruzione e rigenerazione, tra passato e presente, con gli spazi feriti della Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale di Milano. Sarà una mostra d'avanguardia, questo è certo.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica