Così Carradine trasformò sua figlia in "Mata Hari"

Un film inconcluso e un rapporto tormentato

Così Carradine trasformò sua figlia in "Mata Hari"
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da Venezia

Figlio d'arte, un cognome che da solo, come per la dinastia Barrymore, era sinonimo di cinema, Davide Carradine (foto) fu negli anni Settanta una star televisiva (la serie Kung Fu), un talento cinematografico (Questa terra è la mia terra, Il lungo addio, L'uovo del serpente, I cavalieri dalle lunghe ombre, per citare solo qualche titolo) e l'emblema di quel modo di vivere, i figli dei fiori, l'alcol, la droga, il sesso libero, etcetera che tanta parte ebbe nella cultura e nella contro cultura americana, e non solo, dell'epoca. Fu anche regista, senza troppa fortuna, nonché cantante, con maggior successo.

Più volte sposato, quando Calista, la figlia quindicenne del suo primo matrimonio, andò a vivere da lui, decise di filmarne la crescita attraverso un film, Mata Hari, che registrasse allo stesso tempo il passaggio dall'adolescenza alla maturità della protagonista, Calista, appunto, e dell'eroina più o meno tragica, più o meno esotica, più o meno spia, che dava il suo nome alla pellicola. Così, di anno in anno, si accumularono metri di pellicola, in un processo di osmosi fra la giovanissima attrice e il suo personaggio, nonché in una sorta di delirio registico-produttivo: girato in India, in Olanda, negli Stati Uniti, interrotto ora per mancanza di soldi, ora per problemi legati agli eccessi comportamentali di Carradine, il film non venne mai finito e a un certo punto fu la stessa Calista, che fra una ripresa e l'altra, fra un anno e l'altro aveva in pratica fatto innamorare mezzo set, a tirarsi indietro, spaventata proprio da quell'identificazione che stava diventando per lei un'ossessione: era rimata incinta, come Mata Hari, ma i figli di quest'ultima erano morti avvelenati...

Joe Beshenkovsky e James A. Smith hanno ora costruito, intorno al "girato" di Carradine, un documentario, Mata Hari, appunto, presentato ieri nella sezione Venezia Classici, che in realtà è un po' il racconto di un rapporto complesso fra un padre troppo incentrato su sé stesso e una figlia alla ricerca di un'identità e di una guida e al contempo tanto fragile quanto sedotta dall'assenza di regole nella sua vita di tutti i giorni e purtroppo condannata a pagarne il prezzo (fra i suoi "amori" ci sarà anche un seguace della banda di Charles Manson da cui fuggì dopo essere stata picchiata a sangue...).

Anche David Carradine pagò per i suoi eccessi, una carriera sempre più in discesa, con brutti film sempre più commerciali per tenersi a galla, la freddezza di registi e produttori che non ne sopportavano più le sfuriate sul set, i ritardi, la dipendenza da alcol e droghe...

Bisognerà aspettare Quentin Tarantino (Kill Bill 1, Kill Bill 2), uno che da ragazzino era stato appunto un fan della serie televisiva Kung Fu, per ridargli parte di quella gloria cinematografica che era stata la sua.

Mata Hari, quella di David Carradine, fu l'unica

interpretazione cinematografica di Calista Carradine, oggi sessantenne e madre di famiglia. All'epoca la sua era una bellezza acerba e insieme pericolosa. Non era Greta Garbo, ma una innocente e però perversa spia bambina.

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