Così il Carroccio apre la campagna elettorale

Dopo una ventina d’anni che Bossi maledice Roma ladrona, con pernacchie, gesti dell’ombrello, «diti» medi e baionette pronte a sparare, la politica italiana ha scoperto che la Lega Nord non ama Roma. Però, complimenti, ci voleva tanto. La baraonda prodotta dall’ennesima battuta in stile festa paesana di Umberto Bossi non racconta niente che già non si sappia sulla retorica leghista, ma dice qualcosa sull’acume dei detrattori della Lega. Che non hanno ancora capito, dopo tanti anni, la fondamentale doppiezza degli slogan del Carroccio (rivolti sia ai Palazzi romani sia ai popoli «padani»), e che continuano a rispondere indignati, facendo così esattamente il gioco che Bossi vuole. La battutaccia del segretario federale, roba da ore due di notte a Lazzate, per la base leghista è un segnale: occhio che tra poco si vota, noi siamo pronti e più arrabbiati che mai, mica siamo diventati come loro. Alle orecchie romane, la traduzione tipo Obelix di Spqr non dovrebbe suonare come un insulto, ma come un avvertimento politico, da parte di un partito che a Roma ci vive - e bene - dal 1992. E che quando serve sa ragionare benissimo alla romana.

Preferirebbero, gli indignati per lesa romanità, un Bossi che gira con le magliette del Colosseo e si profonde in elogi per la bellezza della città, ma che poi non vota il decreto per Roma capitale? O non è meglio un Bossi truculento, ma che poi sottoscrive i super-finanziamenti per la «fogna» romana? Brilla, come al solito, per perspicacia politica il Pd, che vuole sfiduciare Bossi. Uno che attacca Roma non può fare il ministro della Repubblica, dicono. Non hanno capito che è il contrario: la Lega vince proprio perché strepita contro Roma. Farebbero meglio a chiedersene il motivo.

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