Questa campagna elettorale dice cose molto interessanti. Ci dice che il partito del Novecento è morto, sono finite le sue nobili funzioni di guida popolare che ha costruito le basi della democrazia. Il partito è stato il precettore delle masse, ma il mondo delle telecomunicazioni, che ha reso nudo il re portandolo a essere soggetto ai colpi di manopola della televisione, ha distrutto la possibilità stessa del sacro ideologico. La radio fu lo strumento caldo della voce dei dittatori: autorevole e imperiosa. La telediffusione delle immagini ha demitizzato il potere, gli ha tolto il suo alone sacro. La stessa democrazia parlamentare punta verso la democrazia diretta che non si riconosce in un programma ma nel volto di un leader, scelto per gusto e affinità, non per obbligo e identità.
Berlusconi ha già vinto le elezioni politicamente anche di là dei sondaggi e del giudizio sulle sue proposte. L'ha fatto proprio perché ha usato la sua figura come essa è nella sua realtà di leader imprenditoriale e padre di famiglia, sbarazzino, allusivo, monarchico, anarchico. Ha creato un personaggio che è dentro e fuori le regole, ma che infine toglie alla politica la sua sacralità, quella che gli viene dal fatto che un partito si pone come visione del mondo. Laici e cattolici diranno che questo toglie alla politica il suo carattere etico: in realtà le toglie ciò che ha avuto nel Novecento di caratteristico e di drammatico, cioè la politica come guerra civile tesa alla distruzione del nemico.
L'elogio morale che si può rivolgere al leader del Popolo della libertà è quello che, togliendo alla politica il suo carattere di visione del mondo, è riuscito lentamente a spegnere i grandi conflitti tra fascismo e antifascismo, democrazia e comunismo, religione e laicismo che hanno segnato il Novecento italiano. Naturalmente egli è stato accusato di tutte le cose peggiori, si è voluta usare contro di lui la maledizione che il sacro politico rivolge verso quelli che lo violano: antidemocratico, padrone del Paese, caimano, fascista, arretrato, incolto. Ed egli le ha sopportate conservando un popolo lieto di essere liberato dal sacro politico, dalla politica come dovere. È questa unità tra leader e popolo che fa vincere le elezioni. Il tempo della televisione e della comunicazione aveva permesso all'elettore di essere protagonista, di non dover essere ammaestrato, di non dover plebiscitare un'idea, ma scegliere un uomo. La libertà di Berlusconi, quella che egli predica come dottrina e come valore, è la libertà dal sacro politico.
L'ideologia impone la scelta politica come un dovere. Berlusconi è riuscito a far sì che essa divenisse una scelta libera, non obbligata da un vincolo imprescrittibile. E così ha distrutto sia il partito cattolico che il partito comunista, sia il partito socialista, che il partito fascista. Le scorse elezioni vennero combattute in piena guerra civile contro di lui: queste elezioni vedono le stesse forze politiche che avevano gridato all'immorale Berlusconi, abbandonare il concetto di nemico politico e la guerra civile. Veltroni è la mimesi di una campagna elettorale, ma quanto di odio teologico c'è voluto per ottenere questo risultato in una campagna elettorale finalmente libera dal sacro politico e dall'odio che ne deriva.
Ciò ha liberato il mondo cattolico dal configurarsi come ideologia e dall'essere un partito. Le muffe del passato avvolgono Casini e Pezzotta che vogliono ancora il sacro cattolico nelle liste politiche. Mentre un cattolico come tale si rallegra che la dissacrazione della politica possa esprimere finalmente la sua vera laicità e avviare il Paese verso la pace civile dopo la lunga guerra civile del Novecento.
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