Così il Cavaliere prepara già il dopo-Prodi

Così il Cavaliere prepara già il dopo-Prodi

da Roma

La fine del governo Prodi è vicina. Anche ieri il leader della Cdl, Silvio Berlusconi, ha ribadito questa sua ferma convinzione nel corso di un incontro con il presidente della commissione Difesa del Senato, Sergio De Gregorio. Ci sono i presupposti per «un voto clamoroso in autunno» a Palazzo Madama, ha sottolineato il presidente di Forza Italia. Ovviamente, il successo della manovra dipenderà dalla capacità di fare presa su quei senatori di area moderata che intendono sottrarsi ai ricatti della sinistra radicale. Le modalità della crisi si vedranno: elezioni subito o governo elettorale sono opzioni allo studio.
E dopo che cosa potrebbe succedere? Con quali prospettive la Cdl affronterebbe la nuova stagione politica? E soprattutto con quali umori dopo che Berlusconi mercoledì scorso ha espresso riserve sulla possibilità che l’attuale bipolarismo «consenta al Paese di essere governato». Certo, il Cavaliere ha voluto criticare l’eccessiva frammentazione della maggioranza di centrosinistra. Ma è apparso chiaro il riferimento ai cinque anni a Palazzo Chigi, «condizionati» da alleati più coesi sebbene ugualmente pretenziosi.
Allo stesso modo, è apparsa chiara la presa di distanza dall’impeto referendario di An in favore di una riforma della legge elettorale tutta parlamentare. Parole che hanno pesato non poco nelle relazioni con via della Scrofa al punto che Andrea Ronchi, portavoce di Gianfranco Fini, ha puntualizzato che «Berlusconi è e sarà il leader, ma non può pensare di trattare An come un partito di serie B. An non è né una caserma né un’azienda».
Non c’è nessun paradosso. Il leader della Cdl resta convinto assertore dell’alternanza senza aree predefinite di governabilità di democristiana memoria. Immutata la volontà di tenere unita la coalizione. Ma ci sono dei distinguo. «Berlusconi - spiega il vicecoordinatore azzurro Fabrizio Cicchitto - ha detto che il bipolarismo è in crisi per le contraddizioni della sinistra. È comunque singolare che abbiamo ricevuto lezioni in materia da An che nel quinquennio al governo fu determinante negli strappi sulla verifica, sulla sostituzione di Tremonti e sull’attacco a tre punte».
La strada, aggiunge Cicchitto, è rappresentata da «una modifica della legge elettorale che introduca un premio di maggioranza al Senato su base nazionale e uno sbarramento al 5%, mentre l’extrema ratio è una delle molteplici varianti del sistema tedesco con un orientamento bipolare come proposto anni fa da Giuliano Urbani». Dal referendum uscirebbe «il peggio del peggio: due schieramenti con il potere di ricatto dei piccoli immutato». Motivo per cui l’asse referendario tra Fini-Segni-Di Pietro non ha riscosso particolari consensi.
Una soglia di sbarramento più elevata consentirebbe di cancellare i partitini dello «zero virgola» e consentirebbe di riavvicinare ulteriormente l’Udc («Fini difende la propria convenienza», ha detto ieri Casini) e fare da polo di attrazione verso i centristi-moderati dell’Unione (vedi alla voce Mastella). «Bisogna puntare alle cose concrete con proposte che vanno al di là degli schieramenti», sottolinea il senatore azzurro Lucio Malan. «Berlusconi pensa già al dopo-Prodi - puntualizza il deputato Osvaldo Napoli (Fi) - e la modifica della legge elettorale sarà molto leggera. Mastella? Ha capito che quella non è più la sua casa».
Insomma, Berlusconi ha una strategia precisa: rigore programmatico, compattezza e meno politica politicante. Un discorso ecumenico, che ribadisce la forza della sua leadership, e che, per il momento, sembra far passare in secondo piano il partito unico del centrodestra. «Temo che nel centrodestra non lo si voglia più fare», ha puntualizzato Gianni Alemanno (An) chiedendo il riconoscimento giuridico dei partiti e dei sindacati previsto dalla Costituzione. Scaramucce.

Il Cavaliere ha di nuovo colpito nel segno se da una parte Fini ha precisato che con Berlusconi c’è stato un «chiarimento» e che la nuova legge elettorale deve garantire «governabilità e rappresentatività». Mentre dall’altra Casini si è detto pronto ad «andare oltre l’Udc».

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