Così chi indaga la sinistra viene eletto con il Pd

RomaMagistrati autonomi e indipendenti certo, ma se sono amici della sinistra meglio. Magari fanno anche carriera in Parlamento. Di casi famosi ce ne sono tanti, da Gerardo D’Ambrosio ad Antonio Di Pietro. Ma l’emblema potrebbe essere Alberto Maritati, oggi senatore Pd. Era pm a Bari e nel 1995 chiese e ottenne il proscioglimento di Massimo D’Alema, accusato di aver ottenuto un finanziamento illecito per il Pci, malgrado qualche ammissione del leader. Da allora, tra il magistrato e D’Alema nacque un legame forte, che lo ha portato in Parlamento e nel governo come sottosegretario già due volte. Maritati sognava di fare politica e ci aveva già provato con i socialisti negli anni ’70. Quando era pretore di Otranto, nell’83, Claudio Signorile lo aveva candidato alla Camera. Andò male, ma 10 anni dopo in pieno clima di Mani Pulite, il pm fu grande accusatore dell’ex ministro Psi Rino Formica e del collega Dc Vito Lattanzio. Arrestati e processati per corruzione e finanziamento illecito, solo 17 anni dopo furono assolti. Maritati, grazie a D’Alema, era già in Parlamento dal 1999 (con lui si era candidato senza successo anche l’altro pm accusatore di Formica, Roccantonio D’Amelio). L’anno dopo era diventato sottosegretario all’Interno del suo governo. Nel 2002 aveva provato a fare il sindaco di Lecce, ma Adriana Poli Bortone l’aveva sconfitto. Dal 2006 al 2008, con il governo Prodi, fu sottosegretario alla Giustizia. Una carriera dalla procura al Palazzo, come un altro pm pugliese diventato sottosegretario con D’Alema: Giannicola Sinisi.
Insieme a Maritati aveva chiesto l’archiviazione per D’Alema Giuseppe Scelsi, toga di punta della corrente di sinistra Magistratura democratica a Bari, formatosi nel movimento Lotta continua. Nel 2009 è stato il titolare dell’indagine sulle feste a Palazzo Grazioli e sul caso D’Addario, anticipata da D’Alema con la frase sulla «forte scossa» in arrivo per travolgere Silvio Berlusconi.
La Puglia è densa di storie come queste, di intrecci tra toghe rosse e politica di sinistra. Ne ha parlato anche il libro di Tommaso Francavilla e Franco Metta «Toghe, patate e cozze», citando altri come il magistrato scrittore Gianrico Carofiglio, diventato senatore Pd. E come Michele Emiliano, sindaco di Bari e segretario regionale del Pd. Era pm e nel 1999 indagò sugli sperperi della «missione Arcobaleno» per aiutare i profughi kossovari, promettendo di far pulizia, ma poi chiedendo l’archiviazione. L’inchiesta coinvolgeva il governo D’Alema, con il sottosegretario Franco Barberi rinviato a giudizio. Col tempo l’indagine si sgonfiò e il gip, sollecitato dal pm Di Napoli, dichiarò il non luogo a procedere per illustri Ds. Nel 2003 Emiliano aveva già lasciato la Procura e il caso, per diventare primo cittadino barese. Tra lui e D’Alema si parla da tempo di un asse di ferro pugliese e a fine febbraio, come già nel 2009, l’ex premier l’ha lanciato con una nomination a governatore della Regione, contro Nichi Vendola.

«È indiscutibile - ha scritto Giuliano Ferrara su Il Foglio - il fatto, sospetto, che in Italia alcuni pm, con frequenza sistematica in Puglia, salvano o devastano carriere politiche e fondano proprie carriere politiche, e che i due contesti siano indirettamente collegati».

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