«Così decolla l’Appennino»

Per una sera, dopo aver un po' dribblato, un po' assecondato le domande dei giornalisti sportivi, Riccardo Garrone ha messo tutto da parte ed è tornato a un suo vecchio amore, l'Appennino. Non molti sanno che il patron della Sampdoria oltre che di petrolio e calcio si è occupato e preoccupato per più di vent'anni di territorio montano. E martedì sera ha voluto ricordarlo intervenendo sul cosiddetto «Progetto Appennino», alla Società di Letture e Conversazioni Scientifiche che si riunisce a Palazzo Ducale. La vecchia idea, nata negli anni '80 e sempre attuale, è semplice: l'Appennino, da Ventimiglia a Reggio Calabria, è ormai solo in piccola parte antropizzato e versa prevalentemente in uno stato di degrado e abbandono che finisce per favorire incendi e smottamenti; sarebbe sufficiente uno sfruttamento delle risorse ambientali e faunistiche a garantire un recupero socio-economico e salvare l'ecosistema.
«Io però non ci credo più - ha chiarito quasi subito Garrone - non credo più che la classe politica possa far proprio il progetto. Perciò sei mesi fa l'ho passato al Comitato Territoriale Unicredit Alpi del Mare che ha dimostrato interesse e che forse presenterà un piano per provare a coinvolgere chi deve decidere». Accantonato nel 2002 questo programma di rilancio potrebbe quindi trovare nuova linfa vitale nella disillusione del Presidente della Samp, e tornare a far parlare di sé. Ma come dovrebbero essere trasformati gli Appennini secondo Garrone? Prima di tutto andrebbero ripopolati i monti, impiantando nuove piccole imprese basate sulla valorizzazione dei boschi, dei pascoli e delle praterie d'alta quota. Poi andrebbe riportata la montagna nei mercati invertendo la bilancia commerciale che segna importazioni di legname in Italia per 35 miliardi di euro l'anno. «Noi abbiamo un grande patrimonio boschivo ma di boschi per così dire poveri - si è sfogato il Patron - e questo per scelta di certi ambientalisti radicali e perché si è deciso che i boschi non diventassero fonti di reddito. Nel dopoguerra sono stati piantati addirittura alberi il cui legname serve solo da combustibile per gli incendi». Inoltre, per Garrone, andrebbero sfruttate anche le risorse faunistiche: i cinghiali soprattutto sono diventati troppi e può essere economicamente interessante attirare un turismo venatorio, recuperando pure, così, tanti paesini ormai abbandonati.

Anche sulla caccia l'anatema è contro gli ambientalisti: «Si sa per esempio che il lupo non è arrivato in Liguria dalla Francia o dall'Abruzzo - ha accusato infine l'imprenditore - ma che è stato allevato e reintrodotto di nascosto».

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