Il migliore amico che ha Israele in questo momento è Hamas: il gruppo terrorista è contro la dichiarazione unilaterale di uno Stato Palestinese all'Onu. Dice chiaramente che è una perdita di tempo, dato che lo scopo autentico è la distruzione dello Stato d'Israele. Dunque, meglio investire in terroristi e missili. Abu Mazen possiamo invece definirlo un nemico esitante: gli americani (in particolare Obama) sono contrari alla dichiarazione unilaterale palestinese, gli europei tentano di evitare un gesto che rifiuta la trattativa, indispensabile premessa di pace. Abu Mazen la sta facendo grossa, si sa che è confuso, ma per ora procede. Abbiamo dunque un miglior amico, un nemico trepidante, e anche un peggior nemico: è Tayyip Erdogan, il primo ministro turco che vuole farsi la sua propria primavera araba, a sua immagine e somiglianza, col tour in Egitto, Tunisia, Libia. Vuole essere il mentore del nuovo mondo islamico. I Fratelli Musulmani sono scontenti che le folle egiziane applaudano l'epigono dell'Impero Ottomano che ha dominato il mondo arabo per secoli. Ma Erdogan che è astuto sa che più dei contrasti storici conta la religione del nostro tempo: l'odio contro Israele. Erdogan ne ha fatto la sua bandiera. Dice che lo Stato palestinese, senza trattativa, senza contropartita, quello dell'Onu, è «un obbligo, non un'opzione».
L'appuntamento all'Onu del 20 settembre è dunque un invito a unirsi tutti per «punire Israele». Altro che pace. Ma le primavere arabe non erano sorte contro quei dittatori che avevano fatto dell'odio per Israele l'alibi per seguitare ad affamarli? È questa la primavera di Erdogan?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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