di Gian Marco Chiocci
e Massimo Malpica
Non chiarisce, non spiega. Perché? Ecco i lati oscuri della casa di Montecarlo che mettono in difficoltà il presidente della Camera. Da un lato l’inchiesta giornalistica ( «infame », secondo il paladino della libertà di stampa Gianfranco Fini), dall’altro le indagini della magistratura per far luce sugli aspetti oscuri dell’ affaire immobiliare monegasco. Una casa nel Principato lasciata in eredità ad An da una nobildonna militante nel 1999. E venduta dopo 9 anni per 300mila euro, un quinto del valore, a una società offshore che l’ha rivenduta a un’altra società off-shore . Con la sorpresa finale: è il «cognato» di Fini, Giancarlo Tulliani, che pochi mesi dopo finisce per abitare in quell’appartamento. La vicenda investe la gestione del patrimonio di An (ossia la congruità del prezzo, ed è su questo che si fonda l’esposto che ha dato il via all’inchiesta della procura di Roma), ma anche la scarsa trasparenza successiva alla compravendita della casa, visto che quell’immobile che avrebbe dovuto finanziare la «buona battaglia» alla fine è servito più che altro a dare un tetto al giovane imprenditore Tulliani. Ma in un mese e mezzo da Fini sulla vicenda non è arrivato un contributo di chiarezza. Anzi.
«IL GIORNALE MI DIFFAMA» Dopo le prime rivelazioni del Giornale sulla vicenda dell’eredità Colleoni e sul Tulliani inquilino, Fini resta in silenzio. Replica solo, tramite il suo portavoce Alfano, il 2 agosto. Annuncia querela, accusando il nostro quotidiano di «aver pubblicato una serie di notizie false e diffamatorie riguardo alla cessione da parte di An di un immobile ubicato a Montecarlo ». Le spiegazioni non abbondano. Fini smentisce la prima cifra di vendita, ipotizzata da Libero in 67mila euro, spiega di non essere «titolare dell’appartamento » e che Printemps e Timara , le offshore caraibiche, «non sono a lui riconducibili ». Non dice, però, a quanto An ha venduto. Non spende una parola sul perché in quella casa viva Tulliani. Non parla di ciò che sa sulla vicenda. L’INCHIESTA E IL SILENZIO Intanto il Giornale trova i contratti della doppia compravendita, e incardina date e cifre: An vende a Printemps l’11 luglio 2008 per 300mila euro. Printemps vende a Timara il 15 ottobre 2008 per 330mila. Il prezzo è ridicolo. E Printemps e Timara hanno stessa sede sociale a Saint Lucia e rappresentanti comuni, riconducibili a un network di società di intermediazione, che fanno pensare a un sistema di scatole cinesi per nascondere il reale acquirente. Il 4 agosto la procura di Roma apre un’inchiesta, su input di un esposto di due militanti della Destra. Fini? Sta zitto, non spiega: «Ben vengano le indagini - il solo commento - anche se la denuncia proviene da avversari politici».
LA RISPOSTA NON CHIARISCE Il Giornale trova testimoni e riscontri ulteriori. Fini è sempre più in difficoltà. Arriva l’8 agosto, e gli otto punti sulla vicenda «diramati» dall’ex leader di An. Più che chiudere la storia, aprono nuovi interrogativi, che trovano sponda anche in procura. Fini rivela, per esempio, che la casa venne valutata 450 milioni di lire «quando venne in possesso di An». Ma la stima è così bassa che i pm vogliono capire chi e perché la fece. Fini racconta la «sorpresa» e il «disappunto» manifestati quando seppe dalla compagna che Tulliani era andato a vivere nella casa. Ma non spiega quando e come l’ha saputo,non dice che provvedimenti avrebbe assunto, se ne ha assunti. Nega l’esistenza di altre offerte più congrue, eppure molti coinquilini del palazzo hanno riferito di averle presentate oltre al parlamentare ex An, Caruso, che conferma di averne ricevuta una, respinta dal partito. E, soprattutto, Fini sbaglia clamorosamente la data della compravendita, citando il 15 ottobre, data della cessione da una off-shore all’altra, atto di cui però afferma di non sapere niente. Una gaffe incomprensibile, sulla quale ovviamente Fini continua a non dare spiegazioni.
I TESTIMONI? DIFFAMATORI Il Giornale pubblica la testimonianza di un dipendente di un negozio di mobili alle porte di Roma, Davide Russo, che racconta di aver visto la Tulliani e, almeno in due occasioni, Fini, nel negozio. Per acquistare mobili ed elaborare progetti per ambienti di una casa «sicuramente all’estero». Fini lascia al portavoce la replica: «Delirio diffamatorio». Smentite specifiche non arrivano. Il titolare del centro arredi dice solo di non aver effettuato «trasporto o montaggio a Montecarlo ». Coerentemente con quanto dichiarato dal testimone, per il quale il trasporto fu effettuato da terzi. E quanto alla cucina Scavolini, venduta dallo stesso negozio, non Fini ma il finiano Benedetto Della Vedova ammette l’acquisto, ma dice che «non è a Montecarlo ». Nessuno si disturba a dire dove sarebbe.
LE SMENTITE DI MISURA Altri testimoni dicono di aver visto Fini a Montecarlo, due (Luciano Caré e Giorgio Mereto) addirittura in boulevard Princesse Charlotte o nell’androne del palazzo. Fini fa smentire le date ricostruite dai due, ma non dice la cosa più semplice, ossia di non essere mai stato in quella casa. Il «passo » lo fa da Mentana, martedì scorso, sostenendo di non aver visto l’appartamento: «Chi dice che mi ha visto lo provi ».Ma l’allergia alle spiegazioni dell’ affaire prosegue su La7 : Tulliani ha saputo che la casa era in vendita perché «Montecarlo non è certo una metropoli». Ma gli inquilini dello stabile che volevano comprare non sapevano nulla. «Sorpresa e disappunto» svaniscono.
Fini, ora, è «molto più arrabbiato» con la stampa. Che racconta una storia di cui lui non vuol parlare. Forse, come spiegava a inizio agosto l’imbarazzatissimo senatore Pontone, è tutta una coincidenza. Incredibile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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