Così Juncker spaventa il fronte degli euroscettici

Jean-Claude Juncker pone nuove condizioni per il Brexit proprio a ridosso delle più importanti elezioni in Europa

Così Juncker spaventa il fronte degli euroscettici

Puntuali come un orologio, non svizzero ma lussemburghese in questo caso, sono arrivate le minacce del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. In attesa dell’inizio ufficiale della trattativa, previsto per il prossimo 29 marzo, Bruxelles alza i toni di quella che sarà una vera e propria contesa. Non è andata giù infatti al già giustiziere del Referendum greco, la scelta britannica di assecondare la votazione popolare dello scorso giugno 2016. “Juncker puts price on Brexit” (“Juncker fissa il prezzo del Brexit”), titolava Bloomberg qualche giorno fa. La cifra che Westminster deve sborsare, stabilita unilateralmente da Bruxelles, si aggirerebbe intorno ai 62 miliardi di dollari.

Ma Juncker rassicura alla BBC che non si tratta di “una punizione”, ma “l’Unione europea deve usare un deterrente per evitare che altri Stati seguano l’esempio britannico”. Una tassazione repressiva dunque, che trova ragione soltanto nella paura di Juncker e dei tecnocrati di Bruxelles. Un meccanismo che ricorda un po’ quello posto in atto dal Congresso di Vienna per evitare le insurrezioni nazionali. Se allora vennero usati i cannoni della Santa Alleanza, oggi si usano le tasse. I 62 miliardi di dollari richiesti da Bruxelles alla Gran Bretagna sono stati definiti “assurdi” da Liam Fox, Ministro del Governo May. In effetti finora Londra non ha avuto voce in capitolo sul calcolo fatto in maniera “scientifica” (così ha detto Juncker) per i costi d’uscita della Gran Bretagna.

Non sarà dunque un nodo facile da sciogliere, quello riguardo alla cifra da pagare. All’accettazione di questa Bruxelles ha infatti vincolato l’inizio di qualsiasi accordo parallelo con Londra. “No negotiation without notification” è lo slogan usato da Bruxelles per soffiare un po' di pressione sul Governo May. Un’infelice scimmiottatura del ben più nobile “no taxation without representation”. Lo slogan urlato dai coloni americani contro un’autorità che voleva tassarli senza garantire uno spazio di discussione democratica. Proprio ciò che fa oggi la stessa Unione europea. Così Londra “without representation” a Bruxelles si trova ora a dover accettare il pagamento di una cifra esorbitante per sottoscrivere accordi cui non può rinunciare. Come tutto ciò che concerne la gestione di cittadini britannici risiedenti nei 27 Stati dell’Unione. Così come la volontà di uscire dalla giurisdizione della Corte europea e dall’area commerciale dell’Unione.

L’Hard Brexit è tutta vincolata alla “modica” cifra di 62 miliardi di dollari. L’inasprimento della trattativa è stato scelto in maniera “scientifica” da parte di Juncker, che insiste nel dire che “non voglio che altri prendano la stessa strada della Gran Bretagna”. Dichiarazioni rilasciate sabato, durante i festeggiamenti per l’anniversario dei trattati di Roma, che danno un forte segnale alle velleità euroscettiche francesi e tedesche. Il messaggio è chiaro.

Se volete lasciare l’Unione la tassa sarà salatissima. Juncker sa bene quanto i cittadini siano sensibili rispetto a eventuali tasse da pagare e cerca così di “spostare” gli equilibri delle prossime votazioni verso scelte più “euro-friendly”.

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