Così l’amico di Delbono fa fortuna in 4 anni

nostro inviato a Bologna

La domanda che salta di bocca in bocca in città è una sola: possibile che Flavio Delbono si sia dimesso soltanto per qualche viaggio in dolce compagnia e per le spesucce di lei pagate con la carta di credito della Regione? Un sindaco toglie il disturbo per qualche migliaio di euro? Tutto qui? Il sospetto che serpeggia tra i bolognesi è che ci sia altro. Forse un giro di fondi neri. Forse mazzette. Magari redistribuite con un bancomat.
Tutte ipotesi, naturalmente. Ipotesi che sono al vaglio della Procura di Bologna che potrebbe aprire un nuovo fascicolo di inchiesta proprio sul misterioso bancomat di Mirco Divani, vecchio compagno Pci e amico di «salsicciate» dell’ex sindaco. Una tessera magnetica che Divani ha dato a Delbono e che questi ha girato a Cinzia Cracchi. «Soldi che avevo anticipato io a Divani per un affare immobiliare non andato in porto, mi pare 10mila euro», ha detto Delbono ai giornalisti al termine dell’interrogatorio di sabato.
Spiegazione che non spiega nulla. Il bancomat poteva prelevare fino a 1.000 euro il mese ed è stato usato dalla signora per quattro anni: potrebbe aver fruttato 50mila euro, le somme non tornano. È stato disattivato nel periodo in cui è finita la love-story, e subito dopo Delbono ne ha ricevuto un secondo che egli stesso ha usato fino alla scorsa estate. Che coincidenza: ha smesso di utilizzarlo dopo l’elezione a sindaco. Il conto di Divani è appoggiato a Farbanca, un istituto molto particolare: ha un solo sportello e operatività specifica per professionisti della sanità. Perché Divani, che è un tecnico informatico, aveva soldi nella banca dei farmacisti? È stato Delbono a farglielo aprire, visto che poteva disporre a piacimento dei soldi? E tutto questo giro non potrebbe essere legato alle forniture di Divani alla sanità della Regione Emilia-Romagna, di cui Delbono era vicepresidente?
I bilanci della Connex Card Technologies srl, società con sede a Zola Predosa (Bologna) in via Cavour 5, parlano chiaro. Dicono che gli affari per l’amico di Delbono sono decollati grazie agli accordi con la Regione. Prima di allora, vacche magre. La società è stata fondata nel 2002 per «assemblaggio e commercializzazione di card a tecnologia polifunzionale». Nel 2003 registra 5.166 euro di fatturato e 7.490 di perdita, l’anno dopo il giro d’affari sale a 24.060 euro con un piccolo utile di 493 euro. La nota integrativa al bilancio fotografa le difficoltà: «Il mercato in cui opera la società vive un periodo di andamento altalenante - scrive Divani, amministratore unico -. Persistendo le difficoltà del nostro cliente principale, stiamo valutando nuovi scenari. Siamo fiduciosi che nei prossimi mesi l’attività abbia uno sviluppo interessante».
In effetti, il 1° gennaio 2005 scatta la prima consulenza di Divani con Cup2000, la spa a capitale pubblico (Regione, Comune di Bologna e aziende sanitarie) che gestisce il servizio di prenotazione unica di visite mediche ed esami clinici. La Regione Emilia Romagna, di cui Delbono è numero due, è il primo azionista del Cup; per un periodo Delbono siede anche nel consiglio di amministrazione della società come vicepresidente. E nel Cup viene messa a lavorare Cinzia Cracchi dopo la rottura sentimentale con Delbono: ieri il direttore dell’azienda, Mauro Moruzzi, ha spiegato che la signora ha potuto saltare le normali selezioni del personale perché «proposta dal socio di maggioranza». Cioè la Regione. Cioè Delbono. Moruzzi ha poi annunciato il congelamento dei pagamenti alla società di Divani (contratti per 449mila euro nel 2009), in attesa di vederci chiaro.
Alla prima consulenza ne seguono altre quattro. E i risultati sui conti di Connex Card si vedono: nel 2005 il fatturato sale a 36.416 euro e l’anno dopo a 49.075. Dalla relazione al 31 dicembre 2006 si evince che è cambiata ragione sociale: ora la ditta non fabbrica più tesserini elettronici ma «fornisce consulenze in materia informatica» e ha effettuato «un paio di forniture, chiavi in mano, di data center per conto di aziende clienti». Ma il salto avviene nell’esercizio 2007, quando Divani acquisisce la fornitura di computer per il progetto Sole (connessione on-line di tutti i medici di base della Regione). Il fatturato triplica (158.262 euro) e raddoppia ancora l’anno dopo (357.255 euro); in due esercizi si incrementa di sette volte.
Che cos’è capitato? Lo spiega sempre la nota integrativa al bilancio: è successo che alle consulenze si è affiancata «una seconda attività di vendita all’ingrosso di strumentazioni elettroniche, informatiche ed elettrotecniche» in quanto la società «ha ottenuto l’appalto per l’installazione delle postazioni informatiche presso gli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta in ambito regionale». Il bilancio 2008 è firmato da Simonetta Tosi, moglie di Divani, che le ha girato le proprie quote. La signora lavora al Cup, quindi risulta al tempo stesso dipendente e fornitrice.
Ecco dunque gli ultimi anni del Divani imprenditore: una ditta in affanno, priva di referenze particolari, improvvisamente conquista consulenze e forniture da una società della Regione. Le ottiene in via fiduciaria, senza gare d’appalto nemmeno quando il giro d’affari con il Cup supera la soglia (200mila euro) che obbliga ad assegnare le forniture tramite gara pubblica.

Invece per Connex Card e altre quattro ditte - a causa dell’«urgenza» - basta la semplice valutazione di cinque funzionari. E nel portafogli di Delbono finisce il bancomat di Divani.
(ha collaborato
Antonio Selvatici)

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