Così l’opposizione si fa beffe del Colle

Alcuni senatori del Partito democratico, prima del G8, avevano chiesto di poter calendarizzare delle mozioni parlamentari prive di testo in modo da poter discutere dello stesso G8 a ragion veduta: il testo, dissero, l’avrebbero adeguato alla riuscita o meno del vertice aquilano. Sembrava un ragionamento accettabile e non ci fu problema. Le mozioni complete sono state presentate ieri, e però non parlano del G8: parlano della moralità dell’esecutivo e del suo presidente, spiegano che cosa si deve fare per recuperare credibilità internazionale, dispensano istruzioni per galatei comportamentali. Per farla breve: non parlano del G8 ma cercano di portare in Parlamento la deriva gossipara e tutta l’annessa discussione che ne seguirebbe, come chiamarlo: il canaio. Grazie, Partito democratico: e tanti saluti anche al Colle e alle sue raccomandazioni.
Chi se ne frega del G8: «I giudizi politici sullo svolgimento del vertice dell’Aquila e sulle sue conclusioni andranno espressi in altro momento», scrivevano subito. Poi, nella premessa di ciascuna mozione, un passaggio sfiora il sublime; in due righe «si esprime compiacimento per la buona riuscita organizzativa» del G8 e ci si limita a dire che il vertice ha portato benefici «all’immagine dell’Italia in un momento in cui, per circostanze note, il Paese e le istituzioni ne avevano grande necessità». Sembra quasi che il Paese, da come gira la frase, avesse un problema internazionale chiamato Silvio Berlusconi - di cui si era discusso per mesi al G8 dell’Espresso, di Repubblica e della più sciatta e speculativa stampa internazionale - ma poi un acquazzone aquilano ha fortunatamente risolto tutto non per merito di Berlusconi, ma nonostante Berlusconi. Tutto viene liquidato in una «buona riuscita organizzativa», come a dire che il cibo era buono e le navette erano puntuali. Insomma all’Aquila tutto bene, Berlusconi non ce l’ha fatta a rovinare tutto, avete fatto bene a non invitarlo. Grazie, Partito democratico.
Poi, col tono severo ma poco convinto che appartiene al Pd primavera-estate 2009, si passa a una serie di ramanzine che secondo alcuni senatori, gente che sembrava anche seria, dovrebbero genericamente «impegnare il governo». È una sorta di codice etico, un genere di insegnamenti che a sinistra amano fare da pulpiti di pura fantasia. Il governo, cioè, dovrebbe impegnarsi a «distinguere in modo netto e percepibile le prerogative istituzionali e la sfera privata», i suoi esponenti di conseguenza dovrebbero dimostrare «coerenza tra comportamenti privati e i principi posti a fondamento della loro attività politica e istituzionale», ma soprattutto, mi raccomando, «nelle loro frequentazioni e nei loro comportamenti privati usino tutta la necessaria prudenza per non esporre a rischi la sicurezza nazionale». Altrimenti a letto senza cena.
Non male se consideriamo che stiamo essenzialmente parlando delle riprese fatte da una escort nel bagno di Berlusconi: per Silvio Sircana allora che avrebbero scritto, un’enciclica? Ma torniamo seri anche noi: stupisce che tra i firmatari delle mozioni «etiche» ci siano anche uomini di legge, gente cioè che dovrebbe sapere che stiamo discutendo di nulla sulla base dell’unico Codice che lorsignori hanno sempre amato citare oltremodo: quello penale.

I consigli e le ramanzine sono sempre ben accette: continuino pure, prego, il Paese e il dibattito interno al Pd non attendono altro. Ma in Parlamento, ecco, del nulla non si discute. Il canaio che ne uscirebbe sarebbe eticamente assai deprecabile. Ve lo potete eticamente scordare.

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