«Così la mafia dei semafori derubava gli automobilisti»

Un cartello di aziende truccava gli apparecchi per far scattare il rosso in anticipo. Quattro arrestati

da Milano

Poche regole per un monopolio. Primo, niente concorrenti. Secondo, gli «agganci» giusti. Terzo - se necessario - truccare le carte. Così nasce un «cartello». Lo stesso che, secondo la procura di Milano, avrebbero messo in piedi quattro aziende specializzate nella fornitura agli Enti locali di autovelox e telecamere a infrarossi (T-red). Contratti pubblici a percentuale. Migliaia di verbali, milioni di euro. Appalti in 29 comuni sparsi in tutta Italia. Da Milano a Benevento, da Varese a Roma. Un «dominio commerciale», lo chiama il gip Andrea Ghinetti nell’ordinanza di custodia cautelare che dispone il carcere per Raoul Cairoli, amministratore unico della Ci.Ti.Esse srl, e i domiciliari per Giuseppe Astorri, direttore commerciale di Scae spa, Simone Zari, socio e amministratore di fatto della Centro Servizi srl, e Antonino Tysserand, amministratore unico della Tecnotraffico srl. L’accusa è di associazione per delinquere finalizzate alla turbativa di commesse pubbliche.
Un business enorme. Un affare per tutti. Per chi fornisce le apparecchiature, che guadagna in percentuale sui verbali (e solo la Ci.Ti.Esse, nel 2006, produce un volume d’affari da 9 milioni di euro). E per gli amministratori pubblici, disposti a spendere centinaia di migliaia di euro per il noleggio delle apparecchiature, pur di «assicurare alle casse comunali - scrive ancora il gip - un cospicuo gettito di denaro». Anche se - come emerso dall’indagine - in molti casi la durata del giallo era così ridotta da indurre gli automobilisti a bruciare il semaforo. Così, una e-mail del 26 marzo 2007 tra Astorri e Cairoli: «Raoul - scrive Astorri -, il prefetto di Milano ha consigliato di ritardare la partenza delle rilevazioni di un secondo per evitare la massa dei ricorsi, che facciamo?». Risposta, «non sono d’accordo. Meglio evitare contenziosi ma vedi di tutelare al massimo i nostri interessi». Perché questa è una roulette in cui vincono tutti, tranne gli automobilisti. Che pagano.
L’inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza e coordinata dal pm Alfredo Robledo, nasce più di un anno fa da una denuncia di alcuni cittadini di Segrate, un comune dell’hinterland milanese. Semafori come ghigliottine, multe a pioggia, e il sospetto che la gara d’appalto fosse stata truccata. Ma quello che inizia nel paesotto lombardo si diffonde presto in tutta Italia. «L’indagine - si legge infatti nelle 65 pagine di ordinanza di custodia cautelare - ha accertato l’esistenza di un vero e proprio cartello» tra le quattro società, tutte «in collusione con pubblici ufficiali». Perché all’altra metà del tavolo siede chi ha la divisa da vigile urbano, o la fascia da sindaco. Così, sotto inchiesta finiscono altre 21 persone, 17 delle quali sono pubblici ufficiali, alcuni dei quali ora indagati per peculato e abuso d’ufficio. Anche se qualcuno, alle volte, si mette di mezzo. Ottobre 2006, altra e-mail tra Astorri e Cairoli: «Domani devo andare dal comandante e dal sindaco per illustrare il sistema, e ancora oggi il rompicoglioni del responsabile dell’ufficio verbali ha fatto le rimostranze dicendo che questo sistema non va bene. Resto in attesa».
Un meccanismo banale. «La relazione la redige Cairoli - insiste Ghinetti -, la rivede nella forma da Astori, e solo “fatta propria” dal funzionario comunale». In altre parole, chi partecipa all’appalto suggerisce all’Ente i parametri per partecipare (guarda caso, i propri), e stila pure l’elenco dei partecipanti. Aziende che fanno parte della cordata. O perdenti sicuri. Come accade nella gara indetta dal comune di Certaldo (Firenze), il 21 aprile di quest’anno. Tra i partecipanti, anche la Publi.Sec srl, la cui «operatività - scrive il gip - riguarda unicamente la “gestione di cimiteri comunali”». Cimiteri, non autovelox. Chi vince, è scontato.


È la rete dei «signori delle multe». Migliaia e migliaia di verbali. Non tutti, però, sono uguali. «Raoul - ancora un’e-mail -, mi hanno dato questa targa da annullare. Attenzione, le ultime segnalazioni sono state disattese». Alle volte, gli amici.

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