Così il Molleggiato difende la casta dell’acqua

«Prisencolinensinainciusol». Che bravo Adrianone nostro quando cantava così (lettera più, lettera meno). Almeno quello che diceva aveva un senso. Le sue intemerate odierne invece più che rock sono pop, ma nel senso di populiste che più populiste non si può. Un vero inno alla disinformazione su temi fondamentali su cui sarebbe meglio riflettere prima di molleggiare e sparare slogan.
Le tesi di Celentano sull’acqua assomigliano ad alcuni dei nostri acquedotti: un colabrodo. Le tubature italiane perdono in media il 37% del prezioso liquido, tra condotte malconce e acqua che non viene fatturata. Come succedeva a Licata, in provincia di Agrigento (città dove l’acqua arriva una volta ogni 15 giorni): qui tre anni fa fu scoperto un intero quartiere allacciato abusivamente alla rete idrica. Oppure in alcune zone della provincia di Latina, dove da anni viene erogata acqua con livelli di arsenico fuorilegge. È per difendere queste gestioni che Celentano si incatena ai rubinetti della via Gluck? Così rischia di favorire solo la casta politico-affaristica che ora ha in mano gli acquedotti. Ma chissà: forse a un milionario come lui poco interessa che l’acqua venga sprecata o erogata a chi furbescamente evita di pagare. Anche perché la sua filosofia in materia l’ha scolpita così ieri sulle pagine del Fatto: «Come si può pensare che, se io ho sete, devo pagare per bere?», si chiede «Joan Lui» Celentano. È così va oltre la peggiore retorica sull’acqua pubblica. Nemmeno i più accesi pasdaran hanno il coraggio di invocare il «rubinetto libero». E questo non perché qualcuno voglia ridurre l’acqua a merce, come recitano gli slogan, ma semplicemente perché è un liquido pesante e portarlo fino alle nostre case costa. Tutelare le nostre risorse idriche richiederà nei prossimi anni investimenti da capogiro, decine di miliardi. Oltretutto, gli stessi ecologisti, quelli veri, non quelli della via Gluck, sanno bene che se l’acqua fosse gratis ben pochi si preoccuperebbero di risparmiarla chiudendo i rubinetti. La legge Ronchi non è certo perfetta e andrebbe come minimo completata. Ma il referendum non sarà il giudizio di Dio sull’oro blu: che lo gestiscano aziende private o pubbliche, dalla bolletta non si scappa. Per chi ha problemi economici saranno in ogni caso previste esenzioni. Ma difficile che Celentano ci rientri.
Tra l’altro, lui che esalta il «cristallino Di Pietro», farebbe bene a informarsi meglio sui quesiti referendari.

Una delle due norme su cui si voterà l’abrogazione o meno, la tanto odiata remunerazione del capitale investito dalle aziende che gestiscono l’acqua, fu introdotta proprio dall’ex pm quand’era ministro. Una verità imbarazzante che ha impedito a Di Pietro di aderire ai quesiti promossi dal movimento per l’acqua pubblica, costringendolo a proporne di propri, poi bocciati dalla Consulta.

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