"Così muore un patriota". Per far ridere i Vanzina deridono anche Quattrocchi

Nell’ultimo film Diego Abatantuono fa la parodia dell’italiano giustiziato in Irak

"Così muore un patriota". Per far ridere i Vanzina deridono anche Quattrocchi

Roma - Graziella Quattrocchi, sorella di Fabrizio, il body-guard ucciso in Irak, spiega d'essere stata vittima di una forzatura giornalistica. In diretta su Radiouno, durante la trasmissione «Baobab», la signora Graziella e lo sceneggiatore Enrico Vanzina si sono parlati ieri pomeriggio, sciogliendo il deprecabile equivoco. Vero, in una scena di «2061. Un anno eccezionale», di fronte al plotone di esecuzione, Diego Abatantuono grida ai suoi sgangherati compagni che vogliono rifare l'Italia: «Facciamo vedere come muore un patriota». Ma il contesto è palesemente farsesco, una parodia della «Tosca», il pubblico sa, con i condannati, che i fucili sono caricati a salve, tanto è vero che subito dopo riparte il viaggio alla ricerca di un novello Cavour. L'offesa alla memoria di Quattrocchi dunque dov'è? Così, ieri, la signora Quattrocchi: «Non mi permetterei mai di giudicare qualcosa che non ho visto. Tantomeno ho chiesto che il film venga ritirato dalle sale. Ho solo scambiato alcune battute al telefono con un cronista di Repubblica. Ignorando il contesto in cui viene pronunciata la battuta incriminata, non mi sarei mai sognata di attaccare regista e attori».

Al termine di una giornata di fuoco, Vanzina sospira: «Abbiamo visto e rivisto il film, con gli attori, lo staff di Raicinema, i giornalisti. Nessuno, dico nessuno, ha mai pensato, neanche lontanamente, che volessimo ridicolizzare la morte di Quattrocchi alludendo a quel “Ora vi faccio vedere come muore un italiano”. Ma siamo matti?».

Brucia il fatto che, «senza nemmeno darci la possibilità di replicare, e non credo sia così difficile trovare i fratelli Vanzina o Abatantuono al telefono, ci hanno sbattuti sul giornale con l'accusa infamante di aver speculato sulla morte eroica di Quattrocchi. Sono veramente addolorato».

In effetti, il titolo a due colonne sulla prima pagina del quotidiano - «La famiglia Quattrocchi attacca Abatantuono» - aveva colpito i lettori. «Stavolta si è passato il segno. Mi fa male, e parecchio, che si faccia una parodia su una cosa del genere. Spero che qualcuno voglia provvedere ritirando quel film dalle sale», commentava amareggiata la Quattrocchi. Senza aver visto «2061», come sappiamo, confidando sulle parole dei due giornalisti autori del servizio.

E pensare che la commedia, ambientata un futuro prossimo venturo, un occhio a «L'armata Brancaleone» l'altro a «Mad Max», rievoca in chiave picaresca l'impresa di uno scalcinato gruppetto di patrioti decisi a rifare l'Italia. Guidati da un istrionico Abatantuono, risalgono uno stivale scomposto, pre-risorgimentale, islamizzato: al sud il Sultanato delle Due Sicilie, al centro lo Stato Pontificio, il Granducato di Toscana e la Repubblica Popolare Emiliana, al nord lo Stato Longobardo. Il film potrà piacere o meno, ma è difficile prendere sul serio questo cialtronesco Spartacus.

Eppure è bastata quella frase, forse infelice ma innocente, per scatenare la polemica, in un susseguirsi di dichiarazioni, precisazioni, messe a punto, lettere a Dagospia, servizi di radio e tg. «La morale? Da certi giornali è meglio stare alla larga», riflette Vanzina: «L'ho detto alla signora Graziella. Mi ha risposto che avevo ragione».

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