«Così nelle moschee il proselitismo crea dei terroristi»

Plasmare un terrorista che agisca solo per conto di se stesso? È possibile. Costruire i presupposti perché si faccia saltare in aria? Anche. Secondo Stefano Dambruoso, magistrato capo dell’Ufficio per il coordinamento dell’attività internazionale del ministero della Giustizia, l’attentato di Milano può evocare dinamiche che in passato sono state riscontrate nelle inchieste per terrorismo di matrice islamica e, oggi, quelle stesse dinamiche potrebbero essersi riproposte.
È possibile che la mente di una persona in preda a un disagio esistenziale, com’era evidentemente Mohamed Game, sia stata in qualche modo influenzata?
«Non sono uno psicologo né uno psicanalista. Ma sulla base delle indagini che ho condotto, ho esperienza di alcuni soggetti che l’avvicinamento a dei centri religiosi e di preghiera aveva portato a un proselitismo riuscito».
In estrema sintesi sta dicendo che il passaggio da musulmano poco praticante a attentatore suicida è possibile e che si è già verificato?
«Diciamo che prima erano dei soggetti che non si manifestavano con convinzione nella pratica religiosa, ma che attraverso forme intelligenti di proselitismo si erano poi avvicinati a una certa ideologia».
Anche la moglie di Game sottolinea la sua «conversione recente», ma al tempo stesso si chiede come sia potuto arrivare a questo. È verosimile che fosse totalmente all’oscuro?
«Normalmente può darsi che le mogli o le compagne siano all’oscuro. Di solito svolgono un ruolo ancillare, subordinato ma non del tutto ignaro».
A oggi è possibile individuare questo tipo di terrorista prima che si faccia esplodere? Al fenomeno degli attentatori fai-da-te, il Viminale sembra voler far fronte con nuove misure.
«In effetti, di fronte al gesto non prevedibile del cosiddetto pazzo della porta accanto, davvero non ci sono strumenti che consentono una prevenzione adeguata e una strategia che porti a tutelarci e a tutelare la nostra sicurezza in modo adeguato».
Per la bomba sono stati usati gli stessi ingredienti che i kamikaze palestinesi usano per le cinture esplosive e gli stessi usati nel 2003 per gli attentati a Casablanca. Basta davvero così poco per far saltare in aria una caserma?
«Sì, è un materiale di facile acquisizione, di facile reperimento. I palestinesi lo acquistarono in una ferramenta. Non mi meraviglia che sia stato trovato a pochi chilometri da Milano».

Possiamo dire qualcosa sul ruolo dei presunti complici? L’egiziano Kol si è avvalso della facoltà di non rispondere. È possibile parlare di una «cellula»?
«Le indagini stabiliranno sia i legami tra queste persone, sia se si tratta di una piccola cellula».