Così New York si «separa» dai divorzi super miliardari

Giuseppe De Bellis

nostro inviato a New York

Alla fine è una scommessa: cinquanta a cinquanta. In America un matrimonio su due finisce in tribunale. C'è un vincitore e uno sconfitto, uno che paga e l'altro che riceve. C'è la battaglia per i figli e per il denaro: mantenimento e alimenti. Poi le proprietà. Se è guerra si va avanti fino in fondo. Qualcuno dice che è troppo facile divorziare negli Stati Uniti. Forse. E costoso: liberarsi del partner costa un po' di più che dar via la metà di quanto si possedeva. Si perdono i tre quarti del patrimonio precedente. Così se sei Donald Trump puoi anche non pensarci. Se sei uno normale ci pensi. Allora succede come nel film «Prima ti sposo e poi ti rovino», dove Catherine Zeta-Jones sposa a ripetizione uomini e divorzia per avere soldi e beni. Solo che per divorziare deve dimostrare che il marito è un infame: traditore, maniaco, violento, criminale. Prende un investigatore privato e lo mette sulle tracce del compagno. Se non sbaglia lui, lo si fa sbagliare. Quanto costa una causa così? Sessantamila dollari, in media.
Cinquantacinquemila euro. New York s'è fatta i conti in tasca e ha capito che così non funziona. Allora da qui parte una rivoluzione sociale. È la battaglia contro il divorzio violento e miliardario. È una specie di sconfessione di settant'anni di storia. Comunque basta. Sono d'accordo i giudici, il governatore George Pataki, i responsabili delle politiche per la famiglia di repubblicani e democratici. Entro il 2006 lo Stato di New York approverà una legge diversa da quella attuale. Sarà più difficile divorziare. Sarà vietato inventare accuse contro il marito o la moglie per ottenere l'affidamento dei figli e maggiori garanzie economiche. La nuova strada è scritta in un report della Commissione matrimoniale dello Stato di New York commissionato dal giudice capo Judith Kaye nel 2004: «I divorzi durano troppo e costano tanto. Tantissimo. Una nuova legge è il punto fondamentale dell'agenda giudiziaria dei prossimi mesi». Le cose sono due: o la coppia decide di divorziare consensualmente, oppure separarsi sarà complicato. Sarà difficile che un matrimonio duri due mesi. Sarà difficile che si ottengano compensazioni miliardarie. Gli unici che non sono d'accordo con il cambio della legge sono gli avvocati. È comprensibile: guadagnano in proporzione alla somma che riceve il coniuge. Ma non è solo la ricca New York a stringere il rubinetto da cui sgorgano divorzi.
L'America riflette. E riflette sui numeri. Uno studio della Ohio State University dice che dividersi non conviene. La ricerca pubblicata sulla rivista Journal of sociology, ha seguito dal 1995 al 2000 oltre novemila persone di età compresa oggi tra i 41 e i 49 anni, vale a dire la fascia più giovane della generazione del «baby boom», i cui più anziani quest'anno sono arrivati alla soglia dei 60 anni. Ricchezza, secondo Zagorsky è il valore totale dei beni di una persona: case, azioni, conti correnti meno i debiti in cui viene incluso anche il mutuo sulla casa. Una delle ragioni per cui marito e moglie accumulano più ricchezza di altri è semplicemente che mantenere una casa è meno gravoso di due. Marito e moglie condividono le spese e, in una buona parte dei casi, portano a casa due stipendi. Il divorzio ovviamente capovolge questo beneficio e «sembra la via più veloce per distruggere la propria ricchezza». Poi c'è professor Scott Haltzman. È il capo crociata. Da dieci anni questo docente di psichiatria alla Brown university ha deciso di combattere per salvare il matrimonio dai colpi mortali del del divorzio. Ha un trucco, lui: «L'uomo deve trattare questo sacramento come fosse una scalata carrieristica dove il successo e il raggiungimento della meta sono tutto». Cioè: «Deve mettere a buon frutto i suoi connotati biologici di maschio alfa, aggressività, spirito competitivo, bisogno di primeggiare, incanalandoli per rendere felice la moglie».
Non è una cosa facile, ma ci può riuscire: «Per comunicare la donna usa in media 7mila parole al giorno e ben cinque toni diversi di voce, mentre l'uomo usa duemila parole e tre toni». Questo, secondo il prof, dimostra che gli uomini sono gravemente carenti nella sfera comunicativa, emotiva e intuitiva. «Quando parlano dei loro sentimenti, il loro livello di stress aumenta in maniera esponenziale, al contrario di quanto avviene nella donna». Haltzman è sicuro che ce la farà: «La mia meta è salvare i matrimoni, un marito alla volta. Il divorzio è brutto, ma non inevitabile.

La terapia matrimoniale tradizionale cui fanno ricorso milioni di coppie in tutto il mondo si basa su un grossolano errore di fondo, cercare di rendere gli uomini simili alle donne, cioè più sensibili, intuitivi ed emotivamente aperti». Chi fa così secondo Haltzman è «destinato al fallimento, perché gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere. I primi vanno a caccia nella savana mentre le seconde accudiscono la caverna».

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