nostro inviato a Londra
Dieci giorni fa, mentre i media profetizzavano sventure, prevedendo una trasferta irta di ostacoli e di trappole per il Papa in Gran Bretagna, il Giornale aveva azzardato un pronostico di senso opposto: la visita sarebbe stata un successo e la presenza di Benedetto XVI, prima con la sua umiltà e poi con le sue parole, avrebbe sciolto molte delle nubi – spesso «virtuali» – che si addensavano all’orizzonte. Proprio come era accaduto per altri viaggi considerati «difficili» nel cuore dell’Europa secolarizzata, come in Francia e nella Repubblica Ceca, o in Paesi come la Turchia, l’effetto Ratzinger si è puntualmente verificato. E anche se le proteste ci sono state – diecimila persone che hanno pacificamente sfilato per le vie di Londra, convocate dal tam tam sul Web – Benedetto XVI fin dal primo giorno in Scozia ha trovato migliaia di persone ad accoglierlo per le strade, ha celebrato una messa Glasgow con settantamila persone, una veglia a Hyde Park con centomila, e la messa di beatificazione del cardinale Newman con altre ottantamila.
Il primo in visita di Stato nel Regno Unito ha ricevuto il massimo dell’attenzione da parte della famiglia reale, del governo di Sua Maestà e del Parlamento: accolto da un videomessaggio di benvenuto del premier David Cameron, salutato all’aeroporto dal principe Filippo – evento senza precedenti nel protocollo reale – il Pontefice ha potuto rivolgersi alla società civile dalla Westminster Hall, il luogo tradizionalmente più sacro delle istituzioni britanniche, al cospetto di tutti gli ex primi ministri e dei più alti rappresentanti del mondo politico e culturale. Mai come in questa occasione, il successore di Giovanni Paolo II, ha vissuto momenti senza precedenti: il primo Papa a parlare, in un clima di amicizia e cordialità, alla Lambeth Conference dei vescovi anglicani; il primo a partecipare a una liturgia ecumenica accompagnata da canti stupendi nella Westminster Abbey.
Il tema del rapporto tra etica e politica è stato il cuore del messaggio alla società civile, insieme alla messa in guardia dalle conseguenze di un relativismo «aggressivo» che finisce per discriminare la religione. Ma rilevante è stato anche lo spazio che il Pontefice, con buona pace di quanti insistono nel ridimensionare questo aspetto magari prendendosela con i giornali che ne hanno riferito, ha voluto dedicare agli abusi sessuali commessi da ministri della Chiesa sui bambini e sui ragazzi. Ratzinger ne ha parlato sull’aereo che lo portava a Edimburgo, poi sabato nell’omelia della messa, quindi ha incontrato cinque vittime nella nunziatura, poi si è intrattenuto con alcuni rappresentanti del gruppo di protezione dei bambini istituito dalla Chiesa cattolica. E ieri, è tornato a parlare degli abusi nel discorso ai vescovi. Segno che il Papa, continuando a chiedere penitenza e purificazione, si rende conto di quale impatto abbiano avuto gli scandali non soltanto per pubblica opinione ma anche per fede di molti cattolici.
Ci si dovrà infine chiedere come sia potuto accadere che l’arresto preventivo di sei algerini innocenti si sia potuto trasformare in un caso mediatico internazionale, che venerdì scorso ha rischiato di oscurare i messaggi della giornata chiave della visita. Tv e giornali hanno certo una notevole responsabilità, ma responsabilità maggiore l’ha avuta Scotland Yard, che dopo aver arrestato i sei malcapitati netturbini, ha confermato la notizia con un comunicato pubblico, rafforzando l’idea che fossero stati trovati elementi concreti contro di loro, al punto da far parlare di «attentato sventato» dopo settimane di polemiche per il costo della sicurezza del Pontefice.
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