Politica

«Così pianifichiamo gli attacchi ed evitiamo le retate di polizia»

Il racconto di un teppista: «Riunioni segrete di giorno, poi la sera si entra in azione. Il via libera tramite sms»

Marcello Foa

nostro inviato a Parigi

Protagonisti a ogni costo, anche a quello di essere imprudenti. Il cognome non lo dicono e non si lasciano fotografare, ma quando vengono avvicinati dai giornalisti, molti di loro non resistono alla tentazione di parlare, di narrare le proprie imprese. Talvolta è puro esibizionismo, come quello di Rachid, 16 anni, che afferma di essersi riconosciuto nelle immagini degli scontri trasmesse dalla tv a Clichy-sous-bois; oppure è provocazione e certezza dell'impunità, come quella di Draman, 17 anni, che a Aulnay-sous-bois ha mostrato a un cronista del quotidiano Le Parisien come ha incendiato una Ford Fiesta, portandolo davanti alla carcassa dell'auto. E c'è chi va oltre e ti spiega come sono strutturate le bande che devastano la Francia. «Sì, siamo organizzati - spiega un giovane nero a Sevran - ma non come pensa Sarkozy». «All'inizio abbiamo agito d'impulso, era una protesta spontanea, ma dalla terza notte abbiamo affinato le nostre tecniche». Alcuni di quelli della prima ora hanno rinunciato, dissuasi dai genitori e dagli imam. Sul terreno sono rimasti solo loro, le teste calde, gli irriducibili.
Il loro profilo è noto: sono cittadini francesi di origine maghrebina, africana, turca; hanno tra i diciotto e i ventidue anni sono disoccupati, piccoli delinquenti, trafficanti di droga. «Metà dei teppisti è già nota alla giustizia», dichiarano i commissariati della zona, ma l'altra metà no. E come potrebbero? Hanno fra i tredici e i sedici anni. Adolescenti in cerca di emozioni forti, affascinati dai più grandi e dall'idea di tenere in scacco il governo, la Francia, sotto gli occhi delle tv del mondo intero. Dovrebbero andare a scuola, ma molti di loro non la frequentano o hanno interrotto prematuramente gli studi. Grandi e piccoli possono contare su un vantaggio importante rispetto alla polizia: loro hanno tempo, gli agenti no.
«Durante il giorno ci riuniamo nei sottoscala e nelle cantine per preparare le azioni per la sera - continua il giovane nero, la cui testimonianza è stata ripresa da alcuni media -. Decidiamo gli obiettivi e soprattutto prepariamo le munizioni: prendiamo una bottiglia di birra vuota, la riempiamo di benzina e la tappiamo con uno straccio». La polizia conferma: l'altra notte a Evry gli agenti hanno scoperto in un locale abbandonato un centinaio di bombe molotov pronte all'uso.
Al calare della sera, entrano in azione. Gli orari sono diventati canonici: le violenze iniziano alle 20.00 e cessano verso l'1.30 del mattino. Ogni banda è composta da una decina di persone. C'è un capo che dà gli ordini. Di solito è un «caid», un giovane che si è arricchito con i furti o con lo spaccio di droga. Al suo fianco i quadri intermedi: sono altri maggiorenni alla guida delle auto usate nei blitz. Quelli che non hanno precedenti vanno in avanscoperta per rilevare posti di blocco o verificare che l'obiettivo prescelto non sia vigilato. Se la strada è sgombra, danno il via libera inviando un sms. È a questo punto che entrano in azione gli adolescenti. I grandi dirigono, un po' in disparte, i più piccoli devastano e incendiano. Se arriva la polizia i capi scappano, solo i ragazzini finiscono dentro. «Ma è difficile che la polizia ci prenda - aggiunge il giovane di colore - in queste ore c'è molta solidarietà tra i giovani di diversi quartieri. Grazie al telefonino comunichiamo tra di noi. Quando è in corso una retata parte il tam-tam e si gira al largo». Una cooperazione che talvolta riguarda anche la scelta dei bersagli. «Alcuni gruppi si coordinano, ma non è la norma», spiega un giovane arabo. Anche perché molte gang sono rivali e l'odio per Sarkozy non è sufficiente per far superare un'ostilità radicata nel tempo.
Sopra le bande non c'è nessuno. Né i fondamentalisti religiosi, né la mafia e neppure altri ideologi. È su questo aspetto che si sbaglia il governo: cercare un suggeritore occulto, un grande vecchio, è inutile. La violenza nasce e si struttura in un contesto locale.
Il problema è che la connivenza con gli ambienti criminali, sta portando alcune gang ad alzare il livello degli scontri. Non più solo sassi, spranghe e bottiglie incendiarie. L'altra notte alcuni teppisti hanno sparato colpi di fucile contro i poliziotti. A Evry, domenica mattina un commerciante di origine vietnamita ha scoperto di fronte al suo negozio due granate, abbandonate durante la notte dai teppisti. Può essere l'inizio del fenomeno più temuto dalle forze dell'ordine: l'emulazione del terrore, l'inizio della guerriglia armata.
marcello.

foa@ilgiornale.it

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