«Così prendo un tipo normale e ne faccio un eroe. O un mostro»

I romanzi dell’americano Christopher Moore sono costruiti mescolando humour, azione e fantastico. Il suo maggior divertimento è sempre stato quello di scrivere storie non catalogabili, avendo a che fare con vampiri, angeli, demoni, divinità pellirossa, droghe avveniristiche (da Suck! a Tutta colpa dell’angelo, da Demoni istruzioni per l’uso fino a Sesso e lucertole a Melancholy Cove, usciti da noi per Elliot). E le imprese difficili non lo hanno spaventato neppure quando si è trattato di reinventare ironicamente classici come Re Lear e Il Vangelo. La presenza al Festival di Mantova di Moore (l’8 e il 10 settembre) è l’occasione per farci svelare qualche segreto del suo lavoro, a partire dalla teoria del «Maschio Beta»: per lui infatti è fondamentale che il protagonista sia sempre un «Maschio Beta», ovvero un uomo qualsiasi, che si trasforma in un «eroe», o un mostro.
Allora, cos’è la teoria del «maschio Beta»?
«La base di questa teoria parte dalla biologia e applicandola al genere umano è riassumibile così: per ogni Maschio Alfa (il più forte della sua specie) che esiste in natura ci sono più Maschi Beta che sono sopravissuti riuscendo a trasmettere i loro geni grazie non alla forza, ma all’immaginazione e all’intelligenza. Esseri che si sono serviti della loro abilità per evitare i pericoli, piuttosto che affrontarli con la forza. Per questo motivo si può affermare che i Maschi Beta sono le ruote che fanno girare il mondo».
Come fa a costruire le sue storie?
«Parto sempre dalla caratterizzazione del protagonista e poi intorno sviluppo l’idea-base della storia. Di solito costruisco il libro come se fosse suddiviso in tre o più atti di una commedia».
I critici sostengono che le sue storie sono un mix di suggestioni provenienti dagli «immaginari» di Kurt Vonnegut, Douglas Adams, Monty Python, Terry Pratchett e John Steinbeck...
«Probabilmente è vero, a parte Terry Pratchett di cui non ho letto molte opere. Tutti gli altri autori citati hanno una grande influenza su di me».
Quanto è difficile far ridere la gente, soprattutto se si parla di argomenti seri?
«A me non sembra difficile, perché è l’ottica con cui guardo il mondo tutti i giorni. Ho solo bisogno di trovare ogni volta dei personaggi che siano abbastanza credibili per i miei lettori».
Lei ha debuttato nel 1992 con un libro come «Demoni istruzioni per l’uso»...
«Sono partito da quest’idea: “Come faccio a inserire un mostro in un villaggio in cui ogni domani è esattamente uguale a ieri”.

Servirmi di un demone è stata la miglior soluzione al mio problema».
Cosa la spaventa di più?
«L’idea di scrivere un brutto libro».
E cosa la fa invece sorridere tutti i giorni?
«I politici e il modo in cui si atteggiano per credere alle loro stesse bugie».

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