Geronimo
In campagna elettorale qualche «ambiguità costruttiva», come si diceva in gergo democristiano, è più che naturale e nessuno può scandalizzarsi più di tanto se tra i leader politici c'è qualche reticenza, qualche balbettio, qualche voluta confusione. Quando, però, «l'ambiguità costruttiva» è un pugno nello stomaco della più elementare coerenza, allora si tratta di vera e propria truffa elettorale. E mi sembra che questo sia il caso dei leader dell'Unione quando parlano ad un tempo di ridurre di 5 punti il famoso cuneo contributivo sul costo del lavoro e dell'aumento del prelievo fiscale sulle rendite finanziarie. Due cose che a loro giudizio «simul stabunt simul cadent» nel senso che i 10 miliardi di copertura per l'intervento preannunciato sul costo del lavoro richiederebbe una massiccia operazione sulle rendite finanziarie ed in particolare sui titoli di Stato senza che peraltro il tutto sia sufficiente come dimostrerò di qui ad un momento. Si potrebbe anche decidere il contrario e cioè che i soldi necessari per la riduzione del costo del lavoro verranno trovati altrove.
Ma allora si ha il dovere di dire, come ha fatto la Casa delle libertà parlando di spin-off immobiliare dello Stato, da dove questi soldi saranno presi. Da tagli alla sanità, alla previdenza, al pubblico impiego, agli enti locali (le quattro principali poste di spesa corrente oltre a quella degli interessi) o da quali altre tasse? Sentire, come abbiamo sentito Fassino, dire all'Annunziata, questa volta in un silenzio religioso, che in realtà il prelievo fiscale sui conti correnti riduce di 7 punti la spesa per le famiglie e che i Bot già in possesso delle stesse famiglie non si toccano ma tutt'alpiù si tratterà di aumentare al 20% l'aliquota di prelievo solo sui titoli di nuova emissione, è un insulto all'intelligenza del più distratto degli italiani, perché così facendo invece di avere un maggiore gettito si avrà un maggiore disavanzo. Secondo questa versione prodian-fassiniana, dunque, noi dovremmo trovare accanto ai 10 miliardi di euro per il costo del lavoro, alcune centinaia di milioni di euro per la riduzione dell'aliquota sui conti correnti bancari (dal 27% al 20% considerando che l'attuale imposta dà un gettito di 2 miliardi di euro). A questa somma enorme si dovrebbe provvedere non come dice Fassino con un aumento del 7,5% su tutti i titoli pubblici (dal 12,5 al 20%) come giustamente dice Francesco Giavazzi dalle colonne del Corriere. Quel che Giavazzi non dice, però, è che questo aumento del prelievo fiscale sull'intero stock del debito pubblico (titoli a breve, titoli a medio-lungo termine e risparmio postale) darebbe un maggior gettito di poco meno di 2 miliardi di euro del tutto insufficiente a coprire le maggiori spese per la riduzione del costo del lavoro (10 miliardi) e la riduzione di 7 punti sui conti correnti (600-700 milioni di euro). Solo per memoria ricordiamo, tra l'altro, che il 70% dello stock del debito pubblico è nelle mani delle imprese e delle banche che vengono tassate a bilancio dando sui titoli posseduti soltanto un acconto. Lo stesso prelievo fiscale sulle plusvalenze sui titoli azionari e obbligazionari dà un gettito modesto e il suo incremento non può che essere modesto. Senza fare tanti tecnicismi, per coprire i 5 punti in meno sul costo del lavoro e i 7 punti in meno preannunciati sui conti correnti, si deve innanzitutto applicare la nuova aliquota del 20% su tutti i titoli del debito pubblico, in particolare su quelli già posseduti dalle famiglie senza che con ciò si abbia un gettito capace di coprire le nuove spese. Insomma il lettore avrà capito che stiamo parlando del nulla e forse sarebbe più utile che Prodi stracciasse le sue 300 pagine di programma perché se sono fatte così povera Italia. Infine, il preannunciato aumento dell'aliquota di prelievo al 20% aumenterà la spesa per interessi perché famiglie e investitori guardano al rendimento netto e se oggi i Bot danno interessi tra il 2 e il 3%, dopo la nuova aliquota i rendimenti non potranno che aumentare incrementando, così, la spesa per interessi e aggravando i conti pubblici. Per ricapitolare, questo, dunque, il quadro: più tasse su quel poco di ricchezza finanziaria nelle mani delle famiglie, tutela sostanziale delle grandi ricchezze finanziarie nelle mani delle banche, degli intermediari finanziari, dei fondi di investimento, in particolare quelli collocati all'estero come nel caso del nostro simpatico Luca Cordero di Montezemolo.
Ci spiace, infine, usare un termine forte, ma quella della maggiore tassazione delle rendite finanziarie è una bufala che non coprirà la riduzione del costo del lavoro, penalizzerà le famiglie più deboli e prive di difesa, tutelerà il capitalismo finanziario la cui mobilità sui mercati è notoriamente molto accentuata come dimostra la fuga dei capitali in corso da qualche giorno.
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