Così gli scatti in bianco e nero di Erwitt restituiscono tutti i colori della nostra città

Una Topolino parcheggiata sotto la statua di Madama Lucrezia, Henri Cartier-Bresson che scatta una foto davanti a una pizzicheria, un gatto «in posa» sulla Porta Magica in piazza Vittorio, l’inizio del pontificato di papa Giovanni Paolo II, il bacio di una giovane coppia a Santa Maria Maggiore, un matrimonio in Campidoglio, i lucchetti di Ponte Milvio. È un viaggio nei diversi luoghi e «momenti» di Roma quello tracciato dalle fotografie di Elliott Erwitt che compongono la mostra «Roma», ospitata fino al 31 gennaio a Palazzo Braschi, in una sorta di terzo capitolo di una più ampia - e diluita nel tempo - esposizione sulla Capitale vista dai grandi fotografi, che ha preso le mosse nel 2006 con gli scatti di Henri Cartier-Bresson, esposti sempre a Palazzo Braschi, per proseguire con quelli di Herbert List nel 2007 ai Musei capitolini e giungere ora alle opere di Erwitt appunto, con un lavoro originale realizzato come omaggio alla città. Grande firma, anzi, obiettivo, della Magnum - fu Robert Capa a reclutarlo - Erwitt, classe 1928, racconta la sua visione di Roma attraverso cinquant’anni di scatti in bianco e nero, che, però, per paradosso o più semplicemente per la magia dell’arte, della città restituiscono tutti i colori, in un percorso espositivo che sembra riproporre sensazioni e stati d’animo del visitatore. «Non ho seguito un criterio prestabilito - racconta Erwitt - mi sono limitato a fotografare ciò che attirava la mia attenzione». Si va così dalle prime immagini di edifici e sculture, tra architettura e archeologia, stimolate dal forte impatto estetico ed emotivo delle antichità, agli scorci di romanità con strade popolate di gente indaffarata, dalla solennità delle celebrazioni religiose, in una panoramica sui pontefici degli ultimi anni, alla ritualità delle grandi masse, fino a un quotidiano frenetico in cui le persone sono vicine ma, in molti casi, sembrano non riuscire più a comunicare. Di foto in foto, lo sguardo si affina a delineare una maggiore conoscenza della città stessa e di chi la abita. «Tra cinquecento, forse mille, scatti - prosegue Erwitt - ho scelto quelli che mi sembravano tracciare un percorso equilibrato tra bellezza, classico, moderno, centro storico e periferia, documentando la realtà romana fino a oggi, con viaggi fatti recentemente proprio per completare questo racconto con immagini aggiornate». Non a caso, è del 2008 la foto che l’artista ritiene la più rappresentativa dell'intera mostra. «Alcuni uomini - racconta - sostano davanti a un portone.

Non parlano tra loro ma sono tutti al telefonino. È così che vedo i romani. Le donne sono diverse, lego alla loro immagine il concetto di stile: è una suggestione che va oltre la moda, che, però, ancora non ho fotografato».

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