Controcultura

Così "Undoing" manda in rovina un ottimo cast

Neppure tre attori fuoriclasse e una regia esperta bastano a salvare un prodotto quando la scrittura è sciatta, disattenta nei particolari, e stilisticamente modesto simile a un qualsiasi telefilm di genere ambientato a New York

Così "Undoing" manda in rovina un ottimo cast

Neppure tre attori fuoriclasse e una regia esperta bastano a salvare un prodotto quando la scrittura è sciatta, disattenta nei particolari, e stilisticamente modesto simile a un qualsiasi telefilm di genere ambientato a New York. Tutto questo, appunto, è Undoing, cinque puntate su Sky dirette da Susanne Bier, una miniserie così così nonostante loro: Nicole Kidman, bellezza preraffaellita che si aggira di notte da sola a Central Park (davvero sconsigliabile), né rinuncia a indossare cappottini irresistibili in qualsiasi occasione, persino per le visite in carcere, una recitazione tutta sospiri e maniera che la rendono poco credibile persino quando piange, bellezza algida che sparisce di fronte alla sensualità prorompente di Matilda De Angelis, la giovane e promettente attrice italiana qui nel ruolo della vittima. All'opposto di Kidman sta Hugh Grant, gigione, eccessivo, simpatico e comico, in difficoltà se deve scalare nel registro drammatico dove proprio non riusciamo a prenderlo sul serio, colpa delle tante commedie che ne hanno rivelato il talento leggero. E poi c'è il gigantesco Donald Sutherland, una faccia che sta bene con tutto, perfetto nel ruolo del vecchio padre di Grace, la terapista interpretata da Nicole di cui Jonathan, ovvero Hugh, è il marito oncologo, implicato in un caso di omicidio.

Attenzione: tutti e tre loro hanno gli occhi celesti, e invece il bimbo della coppia è moro con gli occhi neri, geneticamente improbabile, oltre a non esserci alcuna somiglianza, neppure un'aria di famiglia: che svista. La storia, fino a un certo punto avvincente anche se il finale si può prevedere senza troppa difficoltà, riguarda l'upper class newyorkese con tutti i suoi tic insopportabili, i dialoghi alla Woody Allen dove ci dovrebbe essere sempre qualcosa di intelligente da dire, la ricerca del bello a ogni costo - dopo l'omicidio si va negli Hamptons, agli appuntamenti tra padre e figlia alla Frick Collection davanti a un dipinto di William Turner, a suonare Bach al pianoforte con la polizia in casa - la netta separazione sociale tra ricchi e poveri, la messinscena dei topoi necessari a definirne l'appartenenza (scuola esclusiva, raccolta fondi, finte bionde, avvocato di successo, donna e cattiva).

D'accordo che il cinema per funzionare deve sempre esagerare, ma sono davvero poco credibili giornalisti e televisioni affollati davanti casa del sospettato per un semplice caso di cronaca nera, manco fosse O.J. Simpson. Nonostante le troppe scivolate Undoing si fa seguire proprio come un classico telefilm tra il giallo e il noir, dove ottime sono le sequenze processuali e piuttosto modeste quelle che vorrebbero introdurre la suspense. Il resto si avvolge intorno agli standard classici del genere, i consueti movimenti di macchina, le riprese dall'alto, campi e controcampi a disegnare la psicologia dei personaggi. L'aspettativa per Undoing, nonostante i big schierati in campo, non soddisfa le attese.

Si poteva fare meglio, molto meglio.

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